«Albertini vuol diventare il Micciché del Nord». Tutta l'irritazione del Pdl per l'accelerata dell'ex sindaco sulla sua candidatura, è nelle parole di un colonnello ieri nei corridoi di viale Monza. Perché adesso ad aleggiare anche in Lombardia è lo spettro della sconfitta in Sicilia, visto che la prospettiva sembra inevitabilmente un centrodestra balcanizzato da polemiche e personalismi. E dunque destinato a perdere contro le sinistre (al plurale) che già assaporando la possibilità di vittoria dopo quasi vent'anni di batoste, si presenteranno unite.
A mettere in moto l'ultimo risiko della politica lombarda, le parole pronunciate da Albertini lunedì sera. Un «quello che proveremo a fare», letto come l'annuncio del progetto già ben avviato di una lista civica creata per aggregare imprenditori, società civile, delusi dalla politica, frange del Pdl in libera uscita, i ciellini, l'Udc di Casini, i finiani di Fli e movimenti come quello di Oscar Giannino e Italia futura di Luca Cordero di Montezemolo. Una galassia eterogenea che, secondo i sondaggi già commissionati per testare la candidatura di Albertini, sarebbe il modo per arginare sotto il 10 per cento l'avanzata dell'antipolitica di Beppe Grillo. «Sta facendo di tutto per farci perdere, ma l'unico risultato sarà che in Lombardia arriverà quarto». Nessuna obiezione sulle sue qualità di uomo e di politico. «È un deputato del Pdl, sarebbe stato il candidato ideale di un elettorato moderato che si sarebbe potuto presentare unito e vincere ancora una volta in Lombardia». Ma così non è stato. E Albertini viene accusato di non aver avuto la pazienza di aspettare che le trattative con la Lega andassero a buon fine.
Perché ora Maroni ha deciso di rompere il tavolo aperto direttamente con Silvio Berlusconi e il coordinatore regionale Mario Mantovani. E ha dato ai fedelissimi l'ordine di organizzare per le prossime ore l'annuncio ufficiale della sua candidatura.
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