L'aggressore di Bettarini jr stava fuggendo in Albania

L'aggressore di Bettarini jr stava fuggendo in Albania

Fiducia mal compensata, quella del giudice che aveva concesso gli arresti domiciliari a uno degli aggressori di Niccolò Bettarini. Nella sentenza che pochi giorni fa aveva dichiarato tutti i quattro imputati colpevoli di tentato omicidio ai danni del figlio ventenne di Stefano Bettarini e di Simona Ventura, il giudice Guido Salvini aveva accolta una sola istanza di scarcerazione: quella di Andi Arapi, albanese, che aveva chiesto di aspettare fuori da San Vittore il processo d'appello. Il ruolo secondario svolto nella nottata di violenza all'Old Fashio e l'assenza di precedenti penali avevano convinto Salvini che il giovanotto avrebbe evitato di mettersi ulteriormente nei guai.

Invece, giusto il tempo di tornare a casa e fare una valigia, e Arapi ha pensato bene di tagliare la corda. Destinazione quasi ovvia: l'Albania, dove ha famiglia e appoggi, e donde sarebbe stato impervio rintracciarlo e soprattutto estradarlo. L'impresa aveva un suo perché, insomma, una sua logica: ed è andata ad un pelo dal realizzarsi. Arapi è riuscito ad arrivare fino a Bari, e si preparava ad imbarcarsi verso la terra dei suoi avi. Un controllo della polizia lo ha placcato quando poteva quasi sentire odore di libertà. Ora Arapi è rientrato nella cella di San Vittore che aveva lasciato appena venerdì scorso, e che adesso rischia di essere a lungo la sua casa. Oltre alla pena per il tentato omicidio di Bettarini junior ora lo attende un processo per evasione, e una condanna quasi certa.

Nella sentenza emessa venerdì, a Arapi era toccata la pena più lieve: cinque anni di carcere, mentre il capobranco Davide Caddeo se n'è visti infliggere nove e altri due partecipanti, il milanese Alessandro Ferzoco e l'albanese Albano Jackej, avevano preso rispettivamente cinque anni e mezzo e sei e mezzo.

Per il giudice, la decisione di cercare di ammazzare Bettarini era del solo Caddeo, tutti gli altri erano pronti a partecipare al pestaggio ma non avevano messo in conto che si potesse arrivare a coltellate potenzialmente mortali come quelle inferte poi al giovane erede della coppia-vip. Per questo i tre complici avevano avuto pene ridotte.

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