L'autunno caldo del jazz sulle note di Evans e Lloyd

Domenica al Memo il grande sax di Bill, pupillo di Miles Davis Per l'Aperitivo del Manzoni il leggendario solista di «Forest Flower»

L'autunno caldo del jazz sulle note di Evans e Lloyd

Domenica grande giornata per gli appassionati di jazz e dintorni che potranno godersi due concerti importanti, uno alla mattina e l'altro di sera. L' Aperitivo in concerto del Teatro Manzoni, alle 11 del mattino, propone in prima italiana (e unica data italiana) il ritorno del sassofonista e flautista Charles Lloyd mentre alla sera il Memo Restaurant invita il pubblico allo show dell'eclettico sassofonista Bill Evans. Una domenica che anticipa altri due eventi come i concerti al Blue Note di Jack De Johnette (martedì e mercoledì) e di John McLaughlin (giovedì).

Ma torniamo a domenica... Lloyd, che ormai manca da Milano da molti anni, è una leggenda del jazz per la sua storia e le sue collaborazioni. Basti pensare che la sua prima formazione come leader (1965-'66) schierava Keith Jarrett, Jack DeJohnette, Cecil McBee (in alternanza con Ron McClure), una band di grande qualità e altrettanto successo, che lo ha portato a salire sul palco del Fillmore di San Francisco, allora «covo» delle megastar del rock, ed è stato uno dei primi artisti jazz a vendere un milione di copie con un disco ( Forest Flower del '66) . Lloyd ha una formazione musicale a 360 gradi, dato che ha studiato composizone e ha lavorato in blues band come quella di B.B.King e Bobby Bland prima di approdare al gruppo di Cannonball Adderley. Ricostruire la sua lunga carriera richiederebbe un intero libro, dalle collaborazioni con Michel Petrucciani ai numerosi album incisi per la Ecm, ai tanti premi e riconoscimenti alla carriera ricevuti in questi ultimi due anni, in cui la sua creatività è più fervida che mai... Al Manzoni si esibisce con Gerald Clayton al pianoforte, Joe Sanders al contrabbasso, Eric Harland alla batteria, Socratis Sinopoulos alla lyra e al laouto proponendo il recente lavoro Wild Man dance Suite.Polistrumentista ma soprattutto sassofonista tenore e soprano, Bill Evans negli ultimi anni ha mescolato il calore del jazz con l'esuberanza della musica country (Cosa che fece negli anni '70 anche Dave Holland con musicisti come Vassar Clements e Norman Blake) creando un effervescente suono funk, anche definito soulgrass dal titolo di un suo disco. Anche lui viene da esperienze importanti; il suo mentore Dave Liebman lo presenta al «divo» Miles Davis con cui lavora dall'80 all'84 (ha preso parte ad album come We Want Miles e Decoy) e ha lavorato con i personaggi più diversi, da John McLaughlin alla Allman Brothers Band passando per Herbie Hancock.

Alla guida del suo gruppo propone un cocktail jazzato e colorito all'insegna della fusion perché, come sotiene Evans: «la fusion, cioè l'incontro tra vari generi, è ancora il motore che muove la musica. Il jazz è stato creato per inventare sempre qualcosa di nuovo come hanno fatto Miles, i Weather Report o Herbie Hancock, altrimenti finirebbe in un museo».

Evans ha anche un rapporto particolare con l'Italia - dove torna spesso - e soprattutto con Milano: «Trovo che Milano sia un luogo ricco di arte e molto stimolante per suonare. Qui si ascoltano molti artisti internazionali ed il pubblico è molto competente.Ho tanti fa a Milano che mi seguono da anni».

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