L'ente fantasma che parla a se stesso e nato con debiti per 100 milioni

Sarà un'elezione autoreferenziale: i cittadini sono totalmente esclusi

Federica Venni

Una boiata pazzesca. Questa è, almeno per il momento, la Città Metropolitana. Oggi si vota - o meglio, votano - il Consiglio metropolitano, cioè un'assemblea sul nulla. Operativa, si fa per dire, dal primo gennaio del 2015, frutto della pasticciata legge Delrio sul riordino degli Enti locali, avrebbe dovuto sostituire le vecchie Province consolidando il rapporto con il territorio e promuovendo le sinergie tra i 134 Comuni che la compongono. Nel migliore dei mondi possibili, cioè, avrebbe dovuto far sì che Milano e hinterland funzionassero, perfettamente coordinati, come un'unica grande metropoli, sulla scia di Berlino, Londra e Parigi. E invece è soltanto una scatola vuota: senza soldi e senza poteri ben definiti.

Non poteva esistere nulla di più autoreferenziale, tanto che alle urne ci andranno soltanto sindaci e consiglieri comunali. Sì perché l'elezione diretta del Consiglio, prevista dallo statuto, non può avvenire finché il Parlamento non licenzia una legge elettorale ad hoc. La solita incompiuta del governo Renzi, in sostanza. Lo stesso che, giusto qualche settimana fa, con la firma del «Patto per Milano» ha promesso, pur non inserendoli nel documento ufficiale firmato da Matteo Renzi e da Beppe Sala, 25 milioni di euro per dare una mano a chiudere in qualche modo il bilancio del 2016. Perché le Province saranno pure magicamente scomparse, ma hanno lasciato in eredità milioni di debiti: circa 100 (solo di spesa corrente), in particolare, quelli accollati alla Grande Milano nel 2015. A cui vanno aggiunti i trasferimenti allo Stato e via dicendo. Una mancetta, quella di Renzi a Sala (sempre che arrivi visto che di nero su bianco non c'è nulla), che non basterà nemmeno a mandare avanti la baracca. E nemmeno a garantire i servizi minimi ai cittadini, sempre che si capisca quali siano.

Sul sito internet, alla voce «Conosci la Città Metropolitana, Funzioni e Competenze», si legge: «Adozione di un Piano strategico triennale del territorio», «strutturazione di sistemi coordinati di gestione», «promozione dello sviluppo economico e sociale» e altre amenità.

Tradotto dal burocratese: aria fritta. Stralci di leggi incollati qua e là per dare una parvenza di sostanza a qualcosa che una sostanza non ce l'ha neanche a cercarla col microscopio. Sulla carta l'erede della Provincia dovrebbe occuparsi di strade, trasporti, ambiente, welfare e formazione al lavoro, manutenzione scuole e disabilità, ma senza una lira non si va da nessuna parte.

Beppe Sala, che è anche il sindaco metropolitano, durante la campagna elettorale si è riempito la bocca su periferie e Milano estesa, noti cavalli di battaglia del Pd renziano. Ma per il momento la Città Metropolitana è stata tirata in ballo soltanto per rifilare ai Comuni limitrofi un po' degli immigrati che affollano le strutture di accoglienza milanesi e niente più.

Il rischio, che è quasi certezza, è che quelle due paroline già così noiose da pronunciare restino lettera morta, lasciando di concreto solo i debiti da sanare. Tanto varrebbe farle fare la fine del Cnel. Perché più che una «Ferarri senza il pieno», come disse a suo tempo Giuliano Pisapia, è una Cinquecento da rottamare.

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