Alle 9.30 l'ufficiale giudiziario è tornato a bussare alle porte del Leoncavallo e - per la 90esima volta - lo sfratto è stato rinviato, al 21 gennaio. «Siamo lì e lì restiamo» ha avvertito un paio di ore dopo in conferenza stampa Elisa Silva dell'associazione Mamme antifasciste del Leonka. Al tavolo lo storico portavoce del centro sociale occupato, Daniele Farina, e la capogruppo di Milano Progressista Anita Pirovano hanno fatto pressing sul sindaco Beppe Sala affinchè riprenda il dialogo con la famiglia Cabassi, proprietaria dell'immobile in via Watteau, e porti a casa la regolarizzazione almeno entro fine mandato. Dopo il flop di Giuliano Pisapia la sinistra non vuole rischiare il bis. Il Leonka ha registrato tra 2013 e 2017 quasi 2,8 milioni di incassi (2.774.937,19 per l'esattezza), quasi 528mila euro dalla vendita di cibi e bevande (un business esentasse), 2,2 milioni da sottoscrizioni e 3.088,41 euro dal 5 per mille. Stando al Bilancio sociale presentato ieri, in cassa sono rimasti 21.348,34 euro, il resto è stato speso in forniture, gestione e manutenzione (1,1 milioni), progetti culturali (1,5 milioni) e solidarietà a terzi (92.248 euro). Dopo la permuta di spaci comunali fallita durante l'ex giunta, nel 2018 la trattativa coi Cabassi è ripresa in prefettura sull'ipotesi di uno scambio di volumetrie, da trasferire su un'altra area di proprietà del gruppo. Accordo avallato da Sala nonostante la bocciatura dell'esponente della lista Sala Enrico Marcora arrivato a sollecitare lo sgombero al ministro dell'Interno Salvini. Farina precisa che ad ora il filo del dialogo «non c'è più, è necessario che il Comune lo ripristini e convochi anche i leoncavallini: non sono mai state interpellati e possono dare un contributo». Anni fa avevano aperto al pagamento di un affitto annuo di 80mila euro, sono pronti ad alzare la cifra. Pirovano fa presente che ieri è iniziata in Consiglio la discussione sul nuovo Pgt che disegna la Milano del 2030, «noi nel 2021 o prima ci vediamo la regolarizzazione del Leonka. É la seconda volta che scriviamo su un programma elettorale che ci sarà un impegno concreto ma siamo lontani e c'è un silenzio preoccupante».
Mirko Mazzali, Milano Progressista, invita a «chiudere in una stanza chi deve trattare, anche i rappresentanti del centro che finora non ci sono stati, e si arrivi una soluzione. Chi non la trova dovrà risponderne». Silvia Sardone (gruppo misto) attacca; «Con chi delinque non si può scendere a patti». E l'assessore regionale Riccardo De Corato minaccia esposti alla Corte dei Conti.
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