Il liberty di Mucha dalla pubblicità ai ritratti di donna

I poster e le opere di grafica dell'artista di Praga che non ebbe paura di «corrompersi» con la moda

L'arte della grazia è quella del Liberty Italiano, dello Jugendstil tedesco, del Modern Style inglese e soprattutto dell'Art Nouveau francese, tutti accomunati dal culto per l'eleganza del tratto, dall'attenzione al decoro, dall'aspirazione alla leggerezza. Era così, aggraziata e libera, l'arte a cavallo tra Ottocento e Novecento e uno dei suoi alfieri fu il ceco Alfons Mucha (1860-1939), attivo a Praga, negli Stati Uniti, a Parigi. Artisticamente nato da autodidatta, Mucha ha sviluppato i suoi studi nella capitale francese, da dove poi è partito per gli Usa dove è rimasto quattro anni prima di ritornare a Praga.Possiamo ora ammirare una vasta selezione della sua opera in una mostra a Palazzo Reale che, per la cura di Karel Srp e Stefania Crestella e con la produzione del Comune, del Palazzo Ducale di Genova e di 24Ore Cultura, ci ricorda perché la sua arte ci suona così familiare.È infatti Milano, la città più liberty d'Italia grazie alle facciate eleganti di molti palazzi (da via Palpighi a via Pisacane, passando per la palazzina Liberty, l'Acquario civico, Casa Frisia, casa Campanini) a ospitare «Alfons Mucha e le atmosfere Art Nouveau» (fino al 20 marzo, ad aprile la mostra andrà al Palazzo Ducale di Genova, www.mostramucha.it) con oltre duecento opere capaci di riportarci indietro nel tempo, quando il gusto e la forma erano i valori guida della creazione artistica, dalla pittura all'architettura.È lo «stile Mucha» inconfondibile, potente, immaginifico, suadente quello che vediamo nel nucleo più interessante di opere, un centinaio di affiche e pannelli decorativi provenienti dalla Richard Fuxa Foundation: seguendo un percorso scandito in una decina di sale, comprendiamo come Mucha abbia saputo applicare questo stile ai poster e ai mobili, ai gioielli e alle pubblicità e quanto abbia influenzato la produzione di arti decorative in Europa, grazie al confronto in mostra con ceramiche, vetri, sculture e ferri battuti di quell'epoca.Le opere grafiche che incontriamo nella prima parte dell'esposizione sono quelle più note: la serie «Les Arts» sfrutta il volto e il corpo di donna per descrivere in modo poetico le arti, dalla malinconica figura della poesia all'energica danza. È poi nel sodalizio con Sarah Bernhardt, celeberrima attrice teatrale e «femme fatale» dell'epoca, che nascono manifesti senza tempo come «Gismonda», capaci di imporre lo stile ricercato di Mucha ovunque in Europa, Milano compresa.L'artista ceco non ebbe paura di «corrompersi» con la pubblicità e prestò il suo guizzo e il suo tratto elegante a tante aziende, dai biscotti Lefèvre-Utile allo Champagne Ruinart: non c'è nulla, dal detersivo alle sigarette (come quelle della marca Job) che non potesse essere addomesticato alla grazia dell'Art Nouveau.Se la seconda parte del percorso espositivo si sofferma sull'influenza dell'arte giapponese e di quel tipo di segno grafico che predilige le due dimensioni, i colori netti e la rielaborazione di temi naturali (in mostra c'è una vera e propria invasione di iris, gigli, pavoni, farfalle), lo studio della flora e della fauna per Mucha è secondo solo a quello sul corpo femminile.

Questa mostra punteggiata di silhouette di donne vestite con ampie tuniche, i capelli raccolti, gli accessori al posto giusto, così densa di immagini di donne eteree, suadenti e determinate al tempo stesso, è anche un omaggio alla grazia femminile senza tempo.

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