Cogliere i cambiamenti per sopravvivere. E coniugarli con la propria identità. Nell'era di Amazon che saccheggia clienti, le librerie si evolvono: vendere libri non basta più. Non negozi, ma luoghi sociali. Dove si va da soli a leggere in tranquillità; con amici, per chiacchierare davanti a un caffè; con i colleghi di lavoro, per una pausa pranzo dal gusto diverso. Oppure a seguire corsi, lavorare, studiare. Le nuove librerie di Milano sintetizzano queste esigenze.
L'ultima arrivata è «Open more than books», che il 20 novembre ha festeggiato il primo compleanno. Definirla libreria è riduttivo, persino improprio: in questi mille metri quadrati al primo piano di viale Montenero 6 (dove un tempo c'era il Telefono azzurro) non si va solo a comprare libri, anche se è probabile che si esca con un libro, di carta o digitale. O con uno dei tanti gadget, dalle agende alle cover per cellulari fino agli accessori per la bicicletta. Il lungo tavolo, al di là dei tanti divani e del bancone del bar, è diventato scrivania di freelance e studenti: il flusso è così alto che «per regolarlo abbiamo creato una carta fedeltà, 15 euro all'anno per piazzarsi lì quando si vuole e usare uno dei nostri 50 tablet», spiega Giorgio Fipaldini, la mente del «fenomeno Open», uno dei quattro soci fondatori. Ai quali si sono aggiunti via via altri, per completare l'investimento iniziale da 600mila euro. Compresa l'azienda «Lago»: tutto l'arredo di design, dalle sedie alle librerie, è realizzato da loro, è possibile acquistarlo o chiedere una consulenza nel corner dedicato. Lo stesso vale per le aree di co-working vere e proprie, al di là delle porte a vetro: si entra abbonandosi per un'ora o un giorno, un mese o un anno. La clientela è un mix: «Liberi professionisti che affittano la scrivania ma anche aziende che prendono le sale riunioni per workshop o presentazioni».
I libri sono solo uno degli elementi che compongono lo scenario della nuova Feltrinelli «Red» di piazza Gae Aulenti: un ristorante, anzitutto, gli scaffali con i volumi fanno da contorno a tavoli dove si va a pranzare e discutere d'affari. Del resto «non c'è piacere più sincero di quello per il cibo», ricorda, citando G.B. Shaw, la grande scritta in alto.
Più intima la «Libreria del mondo offeso»: un anno e mezzo fa la titolare Laura Ligresti si è spostata dalla sede di 50 metri quadrati in corso Garibaldi a questa, grande quasi il triplo, di via Cesariano. Dove c'è anche la caffetteria: «Una rivoluzione, una combinazione meravigliosa», commenta Laura. Che gestisce in proprio, assieme a tre dipendenti, anche la parte bar e tavola fredda: «La macchina del caffè ho scelto di comprarla invece che prenderla in comodato d'uso, per non essere vincolata sulla fornitura della marca».
«Scelta» è la parola chiave per Laura: vale per i libri - nuove uscite, ma soprattutto classici, anche in edizioni storiche - come per il cibo al bar - «mi rivolgo a pastifici artigianali e onlus», dice orgogliosa. Tutto riflette questa identità di libreria indipendente (la cui filosofia è già nel nome, omaggio a «Conversazione in Sicilia» di Elio Vittorini), che è punto di ritrovo per giovani mamme, mentre i figli giocano alle altalene di fronte, o per gli studenti che sistemano gli appunti e intanto fanno merenda. E per i clienti affezionati, «i garibaldini, come chiamo quelli che mi hanno seguita dalla vecchia sede».
Essere riferimento per il quartiere è l'idea portante anche di Gogol&Company, aperta nel 2010 da Tosca, Alessandro e Danilo. In fondo a via Savona, nella piazza Enrico Berlinguer da poco rimessa a nuovo, «a metà strada tra il popolare Giambellino, i ricchi navigli e il design di Tortona», fanno notare. E aggiungono: «Ci sembrava mancasse un posto dove fermarsi per leggere, discutere, mangiare, senza che nessuno ti rompa le scatole quando hai finito la tua tazza di the».
La libreria è su due piani, ai tavolini della pianta bassa (con il bar, dove lavorano altre 5 persone) si alternano poltrone e angoli studio. Nel weekend è invasa da famiglie con bambini (per loro ci sono laboratori ad hoc), in settimana «siamo un'alternativa alla biblioteca in cui lo studente si riconosce sempre meno».
Il modello ideale è la celebre Shakespeare&Co. della rive gauche parigina, l'approccio quello da «artigiani»: ricerca continua e proposte sempre nuove, dalle mostre fotografiche agli aperitivi a tema, fino ai corsi di scrittura creativa.Twitter @giulianadevivo
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