Cronaca locale

Tra libri antichi e Dna il professore va a caccia dei vigneti più preziosi

Enologo e creatore di grandi vini in tutta Italia, Valenti insegna all'Università Statale

Tra libri antichi e Dna il professore va a caccia dei vigneti più preziosi

Un grande vino può nascere anche su una cattedra dell'Università Statale. Certo non solo, visto che per creare una bottiglia da non dimenticare servono «scienza e conoscenza... e arte». Ma anche una straordinaria passione per la materia che non è fatta soltanto di libri come certifica uno dei migliori enologi in circolazione, il professor Leonardo Valenti che dimostra il suo amore per la materia aprendo (tra gli altri) durante la conversazione e mentre Edi Beqja mette al tavolo del «Pier 52» delle indescrivibili ostriche in tempura, tre gioielli della sua cantina personale che ha superato quota 2mila bottiglie: un Sassi Neri 1990 Rosso Conero, un Merlot 1999 Cambria di Sicilia e un più classico Montepulciano d'Abruzzo San Calisto del 2000.

Nella storia del professore un esordio da giovane laureato nell'Oltrepò (cieli che come vedremo non abbandonerà) e poi il lavoro in terre allora non famose per la produzione di vini e che invece oggi Valenti può mettere nel curriculum: la Basilicata con l'Aglianico del Vulture, l'Etna con il Nerello Mascalese, un vitigno autoctono delle pendici del vulcano che affonda le radici nella notte dei tempi. L'Umbria del Sagrantino, lo studio del Verdicchio nelle Marche, il Montepulciano in Abruzzo, il Sangiovese della Toscana. E poi le bollicine della Franciacorta e ancora l'Oltrepò negli anni Ottanta dove parte un lavoro da filologo del vino con lo studio e il recupero delle varietà autoctone. I testi classici tra cui quello di una straordinaria figura del Romanticismo come Giuseppe Acerbi, l'ampelografo che insieme a una spedizione a Capo Nord nel 1879 ha nella biografia il podere di famiglia a Castelgoffredo dove raccolse ben 1.552 varietà per pubblicare il catalogo Delle viti italiane per l'Editore Silvestri di Milano. Ma ci sono anche le analisi di laboratorio che scovano il Dna nelle foglie. «È come scoprire la paternità a un figlio - sorride Valenti - Nell'Oltrepò a fine Ottocento c'erano almeno 150 vitigni, molti sono stati abbandonati anche se oggi possiamo trovare vigneti che hanno più di 110 anni». Come nell'Azienda Fratelli Agnes di Rovescala dove si cerca «il materiale genetico, praticamente delle reliquie». Ma anche in Basilicata si va al recupero di vecchie varietà. «Tutti oggi parlano di biodiversità, io ho cominciato a recuperare genotipi già negli anni Ottanta a partire dai vecchi vitigni dell'Oltrepò come barbera, croatina, moradella, vespolina che compongono un vino pensato per rispecchiare un territorio». Sulla «zonazione», invece, si lavora a Torrevilla, molto più di una cantina sociale dove sono stati individuati i vigneti cru grazie a un progetto scientifico di mappatura coordinato da Valenti con l'Università Statale che grazie alla sintesi delle informazioni raccolte (analisi dei suoli, delle condizioni climatiche e idrologiche relative a ogni vigna) ha permesso di definire aree omogenee all'interno del territorio di 600 ettari preso in esame e quindi «la vocazionalità dei singoli vigneti». O l'erbamat, antico vitigno autoctono della Franciacorta dove Valenti spera che presto si possa «riuscire a creare una denominazione tutta Bio, sarebbe la prima e forse l'unica in Italia». Un bio che secondo il professore «non può essere separato dal trinomio: buono, etico, sostenibile». Anche economicamente. «Innovare nella tradizione - ci tiene a precisare - Uno studio del passato che è indispensabile per ottenere l'innovazione necessaria a produrre un gran vino». L'enofilosofia di Sata, lo studio agronomico di cui Valenti è una delle anime insieme all'agronomo Pierluigi Donna per affiancare le aziende a produrre oltre che vini di successo anche il «bilancio etico e sociale» come con il gruppo degli Azoni con vigneti nelle Marche, Toscana e Veneto. Materia di insegnare ai giovani («il lavoro più bello») sui banchi dell'università da dove i più talentuosi hanno trovato insieme a Valenti la strada per la vigna. «A chi è bravo ho sempre trovato un posto di lavoro».

La più cara delle 2mila bottiglie della collezione (che stappa volentieri) in cantina? «Forse un Bordeaux Mouton Rothschild del '70». Vitigno preferito? «Aglianico». Una buona etichetta? «Verdicchio, spendi poco e bevi bene».

Quanto deve costare una bottiglia? «Con 15 euro al supermercato si riempie un buon bicchiere».

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