Michelangelo Bonessa
Si ingrossano nuovamente le fila di chi arriva da Medioriente e Africa, così come conti e organici delle associazioni che li gestiscono. E chi controlla questi enti? Sembra che la comunità islamica, religione a cui appartiene buona parte dei migranti, non sia interessata alla gestione di questa emergenza. Così da una parte ci sono realtà come quelle che hanno in mano l'hub di via Sammartini che in due anni raddoppiano gli organici, dall'altra una serie di associazioni con alla testa il Caim che paiono più interessate a costruire moschee che a tendere una mano ai fratelli in arrivo da terra e mare.
Un esempio viene proprio da Progetto Arca, che oggi gestisce tra gli altri via Sammartini e via Aldini e negli ultimi anni ha ricevuto 18 milioni di euro di finanziamenti pubblici: «Su 14 associazioni che collaborano ai lavori nell'hub - spiega Alberto Sinigallia, presidente di Progetto Arca - solo una è composta in buona parte da eritrei che però si concentrano su interventi in strada nella zona di Porta Venezia».
E l'Eritrea storicamente non è un Paese a predominanza islamica come la Nigeria. Altro Paese di emigranti dove è prosperato il mostro di Boko Haram, formazione estremista affiliata allo Stato Islamico. La discussione sul collocamento dei presunti profughi, la notizia del ritorno campo base Expo ha scatenato le ire delle destre cittadine, si è incagliata sulla polemica politica tra chi è pro o contro l'accoglienza. E dunque su dove mettere queste persone. O se metterle da qualche parte. Ma i centomila islamici milanesi non sembrano interessati alla sorte dei migranti, pur condividendo con quasi tutti loro la fede religiosa e a volte la nazionalità. Forse perché l'Italia non è terra musulmana e non si sentono in dovere di offrire ospitalità ai confratelli così come ordina il Corano. Forse perché il volto ufficiale della comunità rappresenta solo una parte infinitesimale del tutto. E fa capo da anni agli stessi personaggi che hanno come urgenza quella di edificare una moschea regolare, visto che quelle irregolari non bastano più.
Così per le strade e nei centri di accoglienza resta qualche mediatore culturale per lo più di origine straniera, visto che con la perdita dell'Impero anche la ricca cultura arabistica italiana non ha più raggiunto i livelli del 1937 con Laura Veccia Vaglieri.
Giusto l'Orientale di Napoli la tiene viva, ma senza l'ampiezza e la qualità fornita dalle studiose italiane dei primi del 900 sui cui manuali ancora si studia per imparare l'arabo. E questi sparuti drappelli spesso sono immigrati di seconda generazione, magari senza nemmeno convinzioni religiose. Intanto le associazioni cattoliche offrono assistenza, mentre il Caim pensa alle moschee.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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