Alberto GiannoniStefano Parisi non ha complessi ideologici, quando parla di sicurezza e immigrazione. Si definisce spesso liberale, non urla. E proprio per questo, forse, può dire quel che pensa senza ipocrisie. «La stazione centrale è stata un bivacco per mesi - ha dichiarato il candidato del centrodestra, ospite di «Rainews24 - e lo stesso stava per diventare il futuro polo tecnologico di Expo». Parisi in tv ha parlato delle emergenze di Milano. E delle risposte che, da sindaco darebbe alla guida di una coalizione con sensibilità diverse, ma complementari. Ha ribadito il «no» alle posizioni estreme Parisi: «Alla coalizione ho posto una condizione molto chiara - ha spiegato - spinte razziste, xenofobe o estreme non possono trovare spazio nelle liste che sosterranno la mia candidatura». Poi ha difeso a spada tratta Matteo Salvini e la Lega. «Quello che dice Salvini in modo colorito lo pensa tutta Europa - ha detto - Lui dice che vuole cittadini stranieri che lavorano, pagano le tasse e rispettano le nostre regole. È esattamente quello che penso io». È evidente che Parisi, tecnico con background riformista, ha una formazione diversa. Ma riconosce alla Lega un compito preciso, «intercettare il malessere». E questa funzione viene collocata in una divisione dei compiti che vede virtuosa. «La verità è che il 90% degli stranieri che arrivano in Italia non sono profughi e devono essere riportati nei loro Paesi secondo le regole comunitarie, solo che per farlo ci impieghiamo fino a tre anni» - ha detto - «io non sto mettendo una ragione con un torto ma due ragioni». Certamente, l'ex direttore generale del Comune ha ben chiaro che la negazione dei problemi, oggi, è il primo dei pericoli. Soprattutto a sinistra: «Non siamo ipocriti - ha aggiunto - non diciamo che la paura non esiste come dall'altra parte». Il caso profughi è emblematico: «Il bravissimo prefetto - ha spiegato Parisi - è in una condizione molto complicata perché a Milano spazi non ce ne sono: ha dovuto trovare una soluzione di emergenza e la mancanza totale di pensiero strategico ha fatto sì che durante la giunta Pisapia abbiamo avuto la Stazione centrale diventata un bivacco per mesi e lo stesso stava per diventare il futuro polo tecnologico di Expo». E, a proposito di Expo e delle aree dell'evento, la ricetta è chiara: «Il dopo Expo ora è gestito da un'importante realtà genovese e va bene perché siamo un Paese integrato ma Milano deve riprendere la guida di questo processo». «Abbiamo le migliori università d'Europa, come Politecnico e Statale» ha proseguito il candidato, scettico sul piano del premier: «Renzi è un fantastico comunicatore e sembra che abbiamo risolto il problema. È provato ormai anche da studi a livello internazionale che intorno alle grandi università si creino grandi realtà non solo scientifiche ma anche economiche, negli Stati Uniti è stato il caso di Google o di Apple. Ma Google e Apple non scelgono una sede perché glielo chiede il primo ministro».
Il rischio per l'area di Expo è che ci sia «il grande centro di ricerca, i 600 dipendenti che lavorano al super computer e poi il deserto». «L'ipotesi della Statale è molto valida - ha concluso - e poi bisogna portare i giovani. Supermercati, ristoranti, cinema. Deve essere un'area viva, non come La Dèfense di Parigi, che di notte è vuota».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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