L'ira di Palazzo Marino sull'Expo della cultura

La fuga in avanti del duo Maroni-Sgarbi non piace al Comune: invasioni di campo la caccia ai Bronzi e i 14 padiglioni in città

L'ira di Palazzo Marino sull'Expo della cultura

Il consigliere del Pd Alessandro Giungi è arrivato addirittura a proporlo «per il premio faccia di bronzo». Tanto per dire quanto sia salito il termometro dell'irritazione in Comune dopo che il governatore Roberto Maroni insieme a quell'ariete di Vittorio Sgarbi ha rilanciato la crociata per portare all'Expo i Guerrieri di Riace. E per sfondare le resistenze della Calabria, hanno mandato una lettera al ministro per i Beni culturali Dario Franceschini. Ma a seminar ancor più zizzania sono i 14 padiglioni chiesti dal duo Maroni-Sgarbi per portare in città la cultura targata Expo: da Bramante fino ai Futuristi, passando per Caravaggio e Michelangelo. Conflitti a cui va aggiunto quello scoppiato tra Maroni e il vicesindaco Ada Lucia De Cesaris sul futuro delle aree. Con la Regione che punta al nuovo stadio del Milan al centro della cittadella olimpica con piscina e nuovo palazzetto, mentre al Comune piace il parco tecnologico con start up e imprese a forte tasso di innovazione circondato da funzioni pubbliche.

Ma più che la diatriba sui Bronzi, è il grande planetario dei tesori d'arte custoditi (ma troppo spesso nascosti) da Milano e ricuciti da Sgarbi ad aver fatto irritare il Comune. Nessuna reazione ufficiale del sindaco Giuliano Pisapia, ma a trapelare è la contrarietà per l'invasione di campo (e di territorio). Tanto che forse per la prima volta nella storia dei due Palazzi si litiga per la cultura e non per strade, infrastrutture o società partecipate. Un buon segno. Di certo il merito più grande di Maroni che con una certa incoscienza ha nominato suo «ambasciatore» per le Belle arti proprio Sgarbi. Non certo uno noto per l'attitudine alla diplomazia.

Il suo è un progetto affascinante. Non ci sono i soldi, ha obiettato qualcuno in Piazza Scala. Non è vero. Maroni ha detto chiaro che la Regione ha già stanziamento un fondo proprio per le iniziative culturali legate all'Expo: 10 milioni di euro. Di questi tempi davvero parecchi. Il tempo è poco? Basterà, ha assicurato Sgarbi assolutamente intenzionato a portare a termine il suo grande progetto di «Expo universale di Milano (a Milano)». Perché, ha detto tanto per dare un'altra mazzata al cantiere di Rho-Pero, con l'allora sindaco Letizia Moratti «si andò a conquistare l'Expo per farla a Milano non in un non-luogo, in un'area deserta e desolata».

Una scommessa che parte dall'impegno a tenere aperti il Cenacolo di Leonardo e la Pietà Rondanini di Michelangelo fino alle 3 di notte. Un'impresa (ed è incredibile a dirsi, povera Italia) che deve passare dalla benevolenza dei sindacati. Poi il padiglione Bramante con il trionfo del Rinascimento nella straordinaria prospettiva di Santa Maria presso san Satiro e a santa Maria delle Grazie con l'esposizione nel convento degli affreschi di casa Punigarola e del Cristo alla colonna. La Bella Principessa attribuita a Leonardo e il codice Sforzeide di Giovanni Pietro Birago a Palazzo Bagatti Valsecchi. Dove sarà ricomposto il trittico di Antonello da Messina diviso tra Galleria degli Uffizi e Castello. Il cartone di Raffaello per la Stanza della Segnatura conservato nella Pinacoteca Ambrosiana e il Caravaggio della Cena di Emmaus a Brera. La Pala di Brera di Piero della Francesca, il Cristo morto di Andrea Mantegna, la Pietà di Giovanni Bellini e lo Sposalizio della Vergine di Raffaello.

Palazzo Clerici dedicato a Tiepolo, il padiglione musica e MiTo alla Scala, i Futuristi al Museo del Novecento, De Chirico e Savinio al teatro Parenti. Palazzo Litta per l'arte antica e Milano capitale europea dell'architettura del Novecento con l'omaggio a Guglielmo Mozzoni. Abbastanza per far perdere la testa. A chiunque.

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