Cronaca locale

Al loggione di San Vittore tra le «sciure» e i detenuti

«Ministro, ma la giustizia è traviata?». «Come in tutte le manifestazioni dell'uomo, anche nella giustizia c'è una parte di bene e una parte di male». Il Guardasigilli Annamaria Cancellieri percorre l'austero corridoio del carcere di San Vittore. Nella rotonda dell'istituto un grande schermo trasmette in diretta la Prima della Scala, a cui assistono un'ottantina di detenuti, cinquanta uomini e trenta donne, insieme a 150 invitati, tra cui Umberto Veronesi con la signora Susanna, la giornalista e scrittrice Lina Sotis, che con l'associazione «Quartieri tranquilli» è considerata nella squadra di San Vittore, il critico d'arte Philippe Daverio, il filosofo Giulio Giorello, Edmondo Bruti Liberati, Don Virginio Colmegna, presidente della Casa di Carità.
È elegante la rotonda di San Vittore e il ministro, ancora con il braccio al collo per il recente intervento, apprezza la bellezza dei dipinti con rossi pappagalli. È la direttrice di San Vittore, Gloria Manzelli, a introdurre una serata dal sapore spontaneo, aperta dalla telefonata del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che saluta i detenuti, e che «da anni con sincero impegno lavora sull'amnistia e sull'indulto» commenta la Cancellieri.
Cosa vorreste da questa serata? «Che la gente sappia che noi scontiamo soprattutto la pena di una giustizia lenta. Vorremmo un sistema giudiziario veloce, in grado di decidere in modo moderno e aperto. Sarebbe sano anche un maggior contatto con l'esterno, affinché si conoscano veramente le situazioni dei carcerati» commenta Pasquale Pirelli, uno dei detenuti. Sono di tutte le età, il più giovane è un ragazzo bulgaro di 19 anni. Meglio l'opera o la partita? «Due cose diverse. La partita mette il sangue nelle vene. L'opera lo addolcisce» risponde un ragazzo.
Le signore donano il sincero spettacolo di un'eleganza sobria ma femminile, molto apprezzata dai detenuti che commentano sciarpe e collane scintillose con discrezione. Poi è la volta di «Balotelli», così è chiamato Atak, 25 anni, del Sudan, cinque anni per rapina e ricettazione, ha violato l'articolo 21 ed e' evaso, ma è amato dai brigadieri del carcere perché «in fondo ha un cuore buono». Insomma è una Traviata al maschile. È lui al leggere il benvenuto agli ospiti, a spiegare i dolci delle detenute di San Vittore e la cioccolata di «Dolci libertà» delle detenute del carcere di Busto Arsizio, che verranno serviti alla fine dei primi due atti. S'arresta sul buffet finale, a base di risotto alla milanese, panettone e frutta. È quasi commosso, e strappa così il primo applauso della serata. Prima di quelli dedicati all'opera, che a dire il vero non sono tanti. Anzi, qui dal carcere si sottolinea che l'allestimento non è certo di buon ton. «Una vera vergogna» commenta la gallerista Antonia Iannone. Possiamo confermare che i commenti nei corridoio di San Vittore non sono edificanti.
Professor Veronesi, ma che dice, qui si fuma in scena? «Diciamo che è sigaro. Si può tollerare». Meno tollerabile invece è l'ergastolo, sulla cui abolizione continuerò a battermi. Visito spesso San Vittore. Mi stanno a cuore le vite delle persone qui dentro».
Il ministro Cancellieri e Luigi Pagano, vicedirettore del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, sorridono quando il protagonista Alfredo s'adopera in cucina a tagliare zucchine e carote. «Speriamo che non si tagli un dito» sussurra Annamaria Cancellieri e qualche donna spiffera: «Che Traviata sia una storia un po' passata, questo è vero, ma che la si cerchi di salvare con un casalingo che non porta mai la cravatta!». «E ci può essere un grande amore senza cravatta?» chiede Lina Sotis. I brigadieri sono perfetti come sempre, attenti ai dettagli. Commento. «Violetta è spirata alle 21.06».

E alla fine, il risotto è servito.

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