Di Marco, il rosso che non piace a Cgil, Cisl e Uil

Nel curriculum vitae di Massimo Di Marco, amministratore delegato di Serravalle, c’è un passato consumato alla Camera del Lavoro di Milano. Qualche anno speso a difendere i lavoratori con in tasca la tessera della Cgil, anche quelli stessi che l’accusano di aver «applicato» nella società autostradale «un rigore che grava solo sulle loro spalle mentre nulla viene fatto a favore di una maggior sicurezza ambientale e viabilistica». Accusa che i Confederali fanno seguire da una denuncia: «In Serravalle si spende e si spande in ricche consulenze, esose liberalità e laute buone uscite». Rapporti dunque difficili tra l’ad e la Triplice che, raccontano le cronache, sono diventati incandescenti quando il compenso di Di Marco è raddoppiato da 175mila a 350mila euro. Scelta del consiglio d’amministrazione che ha pure ritoccato gli emolumenti di altri amministratori. Gestione messa all’indice da Forza Italia che, nell’aula di Palazzo Isimbardi, la definì «scandalosa». Non finisce però qui.

Di Marco attende la pronuncia della Corte dei Conti sulle consulenze d’oro denunciate dai parlamentari leghisti Matteo Salvini e Paolo Grimoldi: consulenze strapagate come quelle relative alla comunicazione e alla formazione professionale.

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