Maroni, «congelato» il processo Expo

Dopo l'assoluzione dell'ex direttore generale, cambia il clima per l'accusa

Ad ogni buon conto, fuori le telecamere dall'aula: se il processo a Roberto Maroni, presidente della Regione, deve cambiare rotta, meglio che non avvenga sotto lo sguardo dei media. Ieri il tribunale che sta processando Maroni per i favori a due sue collaboratrici revoca l'autorizzazione alle riprese in aula: è il primo segnale concreto che l'assoluzione in appello di Christian Malangone, ex direttore generale di Expo, imputato del medesimo reato, sta cambiando bruscamente il clima. Secondo segnale: il tribunale presieduto da Maria Luisa Guadagnino sospende il processo fino al 26 ottobre, in modo da non interferire con il referendum regionale sull'autonomia. Terzo segnale: viene concordato tra accusa e difesa che l'interrogatorio in aula di Maroni avvenga il 9 novembre, dopo che saranno state depositate le motivazioni della assoluzione di Malangone. Quel giorno, quando andrà a sedersi davanti ai suoi giudici, il Governatore potrà farsi forza non solo delle sue argomentazioni ma anche di una sentenza secondo cui la più grave delle accuse che gli vengono mosse è basata su un reato mai avvenuto: «il fatto non sussiste», hanno scritto nel dispositivo i giudici di appello.

Il processo d'appello a Christian Malangone, che in pm grado era stato condannato a quattro mesi di carcere con la condizionale, era fermo in lista d'attesa da quasi due anni, e probabilmente la Procura sperava che lì restasse ancora un bel po', in modo da poter condurre a termine il processo a Maroni senza intoppi.

Invece l'assoluzione con formula piena dell'ex direttore generale spariglia le carte in tavola. Tecnicamente i giudici che stanno processando il Governatore non sono obbligati ad allinearsi ai loro colleghi che hanno assolto Malangone. Ma è chiaro che da ora la strada per l'accusa diventa erta.

LF

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