Maroni contro D'Alema «Amico degli hezbollah ma vuole i voti moderati»

A tre settimane dal voto e con i sondaggi che vedono ancora il centrodestra avanti in Lombardia, la sinistra scossa dagli scandali del Monte dei Paschi di Siena e dai rimborsi illeciti in Regione, è presa da un attacco di panico. Perché sa bene quanto questo voto sia importante per poter governare la regione con una buona fetta dell'intero Pil e per avere la maggioranza in Senato. Non si spiegano altrimenti le reazioni scomposte e la corsa dei big al capezzale di Giorgio Ambrosoli, il candidato che non sembra avere lo sprint vincente. Ieri è stata la volta di Massimo D'Alema e in molti si son chiesti se i voti ad Ambrosoli li abbia portati o fatti perdere. «Berlusconi, in una condizione di necessità e di difficoltà, ha concesso alla Lega la candidatura in Lombardia - ha spiegato D'Alema a Radio popolare - Un partitino del 5 per cento ed una forza in pieno declino, potrebbe governare contemporaneamente il Piemonte, il Veneto e la Lombardia, cioè quasi la metà del popolo italiano e più della metà del Pil del nostro Paese. A me sembra un'ipotesi sconcertante. Qualcosa che sta dentro una logica di potere, ma sta completamente fuori da una logica democratica». Tipico esempio di vetero leninismo per cui le alleanze della sinistra sono buone, le altre cattive. Così come i voti, ben divisi tra buoni e cattivi. E di qui l'immancabile appello a quello utile. Ovviamente quello per Ambrosoli, esponente «di una borghesia illuminata», dice oggi D'Alema che giovane dirigente del Pci, Enrico Berlinguer si portò al funerale di Jurij Andropov, il segretario generale del Pcus, il Partito comunista sovietico. «E non si capisce proprio perché - aggiunge D'Alema -, di fronte alla candidatura leghista, i moderati democratici non debbano dare una mano ad Ambrosoli». Messaggio a Gabriele Albertini, invitato al ritiro da una sinistra che evidentemente non crede più nelle sue forze. Durissimo Roberto Maroni. «D'Alema, amico degli hezbollah libanesi - ha twittato ieri - viene in Lombardia a chiedere il voto dei moderati. Ma va a ciapà i ratt...». Così come duro è Maroni sulle vicende nazionali. «Bersani chiede a Monti l'inciucio in Lombardia per farmi perdere - si leggeva ieri sulla Padania - Dopo lo scandalo Monte dei Paschi di Siena, vogliono mettere le mani anche sulle banche lombarde?»
Altrettanto deciso Albertini di fronte all'attacco di D'Alema e alla proposta di desistenza di avanzatagli dal Pd. «Non mi ritiro». E a Pierluigi Bersani che lo invita a «riflettere sulla Lombardia», Albertini replica di rappresentare «un'offerta politica davvero nuova e diversa a tutta quella parte di elettorato che si astiene perché non si riconosce né nell'uno né nell'altro». Parole che non convincono Oscar Giannino che ieri ha presentato il professor Carlo Maria Pinardi, candidato del movimento Fare per Fermare il declino. «Ho candidato Albertini mesi fa come rappresentante della società civile - ha detto - e poi mi sono sentito dire che senza Berlusconi e Formigoni non si andava da nessuna parte.

Poi, nell'arco di qualche mese, lo abbiamo visto protagonista spregiudicato di una campagna nella quale sbeffeggia Berlusconi e Formigoni, dai quali fino a poco prima si era presentato in ginocchio». Non un bel viatico.

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