Maroni spiega la democrazia a Renzi

Maroni spiega la democrazia a Renzi

Un Roberto Maroni battagliero si presenta oggi all'incontro con Matteo Renzi. Questa mattina a Palazzo Chigi il premier incontra i presidenti delle Regioni per parlare di riforme. E il governatore della Lombardia ne approfitta per un attacco politico. Parla di «dichiarazione di guerra» e «rischio rivoluzione» se le Regioni virtuose saranno penalizzate dalle scelte del governo. Chiede un «fronte comune» tra Anci (l'associazione dei sindaci, ndr) e Regioni. E affonda: «Sembra che Renzi abbia manifestato quasi fastidio per dover fare questa riunione. Ma io, a differenza sua, sono stato eletto democraticamente». Maroni dà a Renzi lezioni di political correctness in stile inglese: «Gli ricorderò che esistono delle istituzioni e che devono essere rispettate. Come diceva Churchill, la democrazia sarà forse la peggior forma di governo, escluse però tutte le altre che si sono sperimentate sinora...».
Maroni annuncia che consegnerà a Renzi il «dossier Lombardia», ovvero un rapporto in cui si spiega come «noi siamo virtuosi, paghiamo troppo e da Roma riceviamo briciole». Uno dei fiori all'occhiello è il peso leggero dell'amministrazione pubblica sui cittadini. «La Lombardia - protesta Maroni - ha tremila dipendenti con dieci milioni di abitanti, la Sicilia con la metà degli abitanti ha sei volte il numero di dipendenti. È lì che bisogna tagliare, è lì che bisogna ridurre la spesa improduttiva». È con questi numeri che la Lombardia conta di essere esclusa dalla spending review avviata dal governo, che - attraverso il commissario Carlo Cottarelli - ha parlato di 85mila esuberi nella pubblica amministrazione. Conclusione: «Se pensa di continuare a penalizzare le regioni virtuose vuol dire una dichiarazione di guerra».
Nel dossier Lombardia sono presenti anche le richieste al governo: infrastrutture, il finanziamento della Cassa integrazione e l'abolizione per i Comuni virtuosi del «patto di stupidità» (così Maroni ha rinominato il patto di stabilità che impedisce di spendere e investire anche alle amministrazioni che hanno i conti in ordine e fondi in cassa). L'allarme riguarda soprattutto il destino dei cassintegrati. La Regione sta pagando la Cig del 2013 con i fondi del 2014 perché mancano all'appello gli stanziamenti del governo. «Renzi garantisca la copertura della cassa integrazione in deroga, altrimenti scoppia la rivoluzione» dice Maroni. Il timore è che anche le misure annunciate sul sussidio di disoccupazione universale si risolvano in tagli alla cassa integrazione. Poco più di una partita di giro.
Nel mirino di Maroni c'è anche il Jobs act: «Deludente».

E, in sintonia con la Cisl Lombardia, il governatore propone «un nuovo modello di contratto lavoro» ispirato ai contratti per Expo 2015. Un'estensione del modello Expo all'intero mondo del lavoro. «I decreti del governo non fanno venir meno l'esigenza di un accordo regionale» dice il segretario della Cisl Lombardia, Gigi Petteni.

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