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Matteo, sul furgone a Caccia di storie

Il conduttore di «Pascal» (Radiodue) con il suo Volskwagen sui Navigli in una maratona streaming di 36 ore

Antonio Ruzzo

Qualche anno fa «Vendeva tutto» in diretta. Tutto ciò che gli ricordasse il suo amore sparito per sempre: un libro, dei dischi, un portafoto o una Vespa da allora ferma in garage, da quel viaggio in Grecia con lei... Da lì' si partiva per raccontare una storia, tante storie. Per raccontare come a volte, per caso, si possa diventare protagonisti di un romanzo. Poi quelle storie sono diventate pezzetti di vita, suoi e dei radioascoltatori che ogni pomeriggio si sintonizzavano su «Io sono qui» e «Voi siete qui» sulle frequenze di Radio24. Idee radiofoniche, format, che però ti catturano e ti fanno fermare ad ascoltarlo in auto mentre vai a lavoro, magari rallentando un po' per non sfumarlo prima della fine. Matteo Caccia, attore, conduttore e, come si dice oggi, storyteller da quasi un anno è l'anima e la voce di «Pascal», in onda cinque giorni su sette alle 19 su Radiodue. Continua a dar voce a chi ha qualcosa da raccontare. Continua a «fare» una radio che in un certo senso si è inventato lui. «E'cominciato tutto sei anni fa- racconta- ed ogni volta cerchiamo di aggiungere qualcosa. Cerchiamo di cambiare...». Così da qualche tempo le storie va anche a cercarsele. Come ogni lunedì del mese al «Pinch», un locale sui Navigli, chiamando sul palco di «Don't tell my mom...» chi vuole raccontare qualcosa che non ha avuto il coraggio di confessare a nessuno, neppure a sua mamma. Oppure come nei giorni scorsi parcheggiando in strada il suo vecchio furgone Wolkswagen quasi fosse un confessionale mobile e laico. Una maratona di trentasei ore filate ad ascoltare chi di solito lo ascolta per raccogliere emozioni, racconti, verità, paure, gaffe e sogni: «All'inizio di questa avventura le storie arrivano in radio- spiega- poi ho pensato che si potevano portare sul palco di un locale in uno show a metà tra la seduta di aiuto e il cabaret dove impera lo spirito goliardico che si può trovare in un club ed ora la scommessa di andarle a cercare in strada aspettando le persone sul mio vecchio furgone...». Oltre centoventi racconti in un giorno e mezzo, dormicchiando tre ore nella notte quando non c'era nessuno a cui dar retta, mangiando qualche panino al volo e bevendo qualche caffè in più: «Chi è venuto? Innanzitutto chi m ascolta in radio - racconta Caccia- poi quelli che sapevano che mi avrebbero trovato lì e quelli che sanno chi sono. Ma anche parecchi che passavano per caso davanti al furgone, e si incuriosivano». Lo schema è quello di sempre. Quel «Raccontami chi sei...» oppure 36 domande che servono a rompere il ghiaccio e a cominciare una seduta di terapia-narrativa, come la chiama scherzando il conduttore di Pascal: «Non c'è una regola- spiega- C'è chi si ferma 5 minuti, chi mezz'ora. C'è chi è intimidito, chi ha pudore e chi non ne ha. C'è anche chi le storie, soprattutto in radio, se le inventa per la vanità di andare in onda ma abbiamo imparato a sgamarli, si capisce quando qualcuno finge o è troppo stiloso nel suo narrare...». Resta la voglia di parlare di sè.

Molte volte con un'innocenza e un'onestà spiazzano: «E queste sono le storie che ci appassionano di più- racconta- Sono quelle dove ti immedesimi, che ti restano anche un po' sulla pelle perchè capisci che le persone si mettono in gioco, che hanno voglia e a volte bisogno di parlare. E si soprendono quando si trovano di fronte qualcuno che ha il tempo e la pazienza di starli ad ascoltare. Forse non ci siamo più abituati...».

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