Cronaca locale

"La mia storia musicale raccontata in teatro Ci sarà pure la Vanoni"

Tour per 50 anni di carriera, l'autore lunedì al Dal Verme: «Nel cuore E la luna bussò»

"La mia storia musicale raccontata in teatro Ci sarà pure la Vanoni"

Cinquant'anni di carriera, ovvero mezzo secolo di musica. E se l'universo delle sette note è sempre in mutazione, è anche vero che le più grandi rivoluzioni musicali popolari sono avvenute in questi cinque decenni. Dal rock'n'roll al beat, dalla musica hippy al progressive rock alla dance. Già, proprio così. Un grande fiume di suoni e idee che ha bagnato la riva della storia e che continua a scorrere verso il futuro.

C'è chi su quella riva si è accomodato ad ascoltare, e chi in quel grande fiume ci si è tuffato dentro di testa. Ma anche di cuore. Mario Lavezzi è uno di questi. Il compositore e musicista autore di tanti classici della musica italiana (per artisti del calibro di Lucio Dalla e Gianni Morandi, Loredana Bertè, Fiorella Mannoia, Ornella Vanoni, Emma, festeggia i suoi cinquant'anni da grande firma al Teatro Dal Verme, lunedì 20 gennaio, con un concerto speciale intitolato «E la vita bussò» (ore 21, ingresso 57,50-40,30 euro, info 02.87.905).

Maestro Lavezzi, quando capì per la prima volta di poter vivere scrivendo musica?

«Era il 1969, fine marzo: veniva pubblicato Il primo giorno di primavera', interpreti i Dik Dik. Fu un successo imprevisto. Mi resi conto che, dopo anni a suonare sin da ragazzo, avevo imparato un mestiere. Avevo cominciato a capire come si costruisse una canzone».

Qual è stata la sua scuola?

«La pratica: tante, tantissime cover suonate nei matinée danzati nelle discoteche: suonavo in una band chiamata Trappers, avevo diciassette anni scarsi. Macinavamo centinaia di canzoni, dovevamo suonare tre ore di fila seguendo la regola tre lenti e tre veloci e così via. Tiravamo giù canzoni dei Beatles degli Stones, degli Shadows. Poi due anni e mezzo coi Camaleonti, una bella avventura. Loro erano già celebri».

A proposito di Trappers, oggi chi fa trap domina la scena musicale e si attira consensi anche al Festival di Sanremo: che ne pensa?

«Penso che io, insieme Mogol, Facchinetti e altri cento autori, ho fatto una petizione spedita al Ministero die Beni Culturali per chiedere il rispetto di ciò che è considerato il Festival della Canzone Italiana. Deve rappresentare l'eccellenza della nostra musica. Deve essere scelta la canzone, non il personaggio. Oggi Sanremo è uno show televisivo, punto e basta. La canzone non è al centro. Non si ricordano canzoni sanremesi degli ultimi anni. E infine...».

Dica.

«Ho due figli sotto i trenta: l'altra sera sono andati a fare karaoke con gli amici. Sa cosa cantavano? Lucio Battisti. Come fai a fare karaoke con un brano rap?».

Come sarà lo show al Teatro dal Verme?

«Tanta musica, proiezioni di immagini con miei racconti. Amici ospiti, come Ornella Vanoni, Marcella Bella e i Camaleonti».

Qual è la sua figlia prediletta tra le sue canzoni?

«Difficile scegliere, ma certo mi viene da citare queste: la già citata Il primo giorno di primavera, E la luna bussò per Loredana Bertè e Vita per Dalla Morandi».

Crede nei talent show musicali?

«Mah. Credo in uno, il nostro: si chiama Campus Band, c'è il sito in rete. Diamo chance agli studenti e ai giovani: ci spediscono una cover e un brano inedito, noi giudichiamo e eventualmente produciamo un video e una registrazione.

Siamo alla quarta edizione».

Commenti