Se la sanità lombarda è un modello per tutto il Paese, una eccellenza che l'Italia ci invidia, perché non seguire lo stesso modello per la sicurezza? Perché non consentire alla Lombardia di affrontare in prima persona il compito di tutelare il diritto alla incolumità dei suoi cittadini come garantisce il diritto alla salute?
A lanciare l'idea è Alessandro Sorte, assessore regionale ai trasporti. Nel suo ruolo, sa direttamente quanto oggi, soprattutto su certi percorsi e in certi orari, viaggiare sia pericoloso. E sia ancora più pericoloso lavorare sui treni e nelle stazioni: come è toccato al controllore delle Nord ferito due anni fa a colpi di machete. E come ha dovuto sperimentare sulla propria pelle Davide Feltri, il capotreno che mercoledì mattina è stato accoltellato da un «portoghese» cui aveva chiesto il biglietto: l'accoltellatore è ancora sconosciuto e a piede libero, essendo stato rilasciato ieri mattina un nordafricano arrestato per sbaglio.
«Io ho incontrato - racconta l'assessore Sorte - i sindacati dei lavoratori delle ferrovie lombarde e mi sono trovato davanti a uno scenario di comprensibile esasperazione. I capitreno e i controllori sono esposti in prima linea e senza tutele, in una situazione di violenza fuori controllo, come dimostrano anche gli ultimi episodi. Questa situazione, va detto, ha responsabilità precise».
E quali sarebbero?
«La colpa è di chi ha permesso che una immigrazione incontrollata trasformasse la Lombardia in un territorio di guerra quotidiana. È chiaro che siamo davanti agli effetti collaterali del totale fallimento della politica del governo, che ha trasformato l'Italia nella sala d'aspetto dell'immigrazione. Non dico clandestina se no mi arrestano, pare che non si possa dire. Oggi in Lombardia vivono migliaia e migliaia di irregolari che si rendono quotidianamente responsabili di comportamenti criminali e violenti e arrivano al punto di aggredire gli uomini delle istituzioni che fanno il loro lavoro come è accaduto sul treno delle Nord e alla stazione di Santo Stefano».
Quali possono essere le contromisure?
«Serve un impegno per alzare i livelli di sicurezza. Lo stesso sforzo che è stato fatto alla Stazione Centrale di Milano deve essere esteso a tutte le stazioni lombarde. Serve un presidio militare nelle stazioni che oggi sono terra di nessuno dove la gente ha paura a entrare. E a bordo dei treni».
Ma in Lombardia ci sono quattrocento stazioni e circolano ogni giorno duemilatrecento treni, come si fa a presidiarli tutti? Le stazioni sono pericolose anche perché sono state abbandonate. Non ci sono più biglietterie, non ci sono più bar.
«È un dato inevitabile perché ormai la gente compra il biglietto con lo smartphone, non ha motivo di presentarsi in stazione prima del tempo. Per questo servono i presidi. Per quanto riguarda i treni, noi abbiamo fatto la nostra parte, aumentando le telecamere e piazzando le pattuglie di guardie private armate, o invitando i passeggeri per bene a concentrarsi tutti sullo stesso vagone, le carrozze rosa, specie dopo un certo orario. Ma lo Stato dov'è?»
Lo Stato dirà che non ci sono uomini abbastanza per proteggere tutto.
«È vero, le forze dell'ordine a Milano sono molto brave ma sono sotto organico. Allora io dico: se lo Stato centrale non è in grado di garantire la nostra sicurezza, lasci fare a noi, e possiamo garantire che ce le caveremo meglio. È semplice: se le tasse dei lombardi restassero in Lombardia, come chiederemo con il referendum del prossimo ottobre, la nostra regione sarebbe in grado di dotarsi di un apparato di sicurezza di assoluta efficienza. È una strada necessaria, direi obbligata. Da tre anni siamo di fronte ad una invasione incontrollata, un peggioramento continuo figlio degli sbarchi a ripetizione.
Le conseguenze sono gli occhi di tutti. E l'unico rimedio possibile è consentire alla Lombardia di difendersi da sola, di garantire in prima persona la sicurezza dei suoi cittadini. Sui treni, nelle stazioni e ovunque».
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