«A Milano adesso serve una Fiera internazionale»

L'ex sindaco di Varese in corsa per la Fondazione «Expo? Nessun effetto positivo dopo la chiusura»

Maria Sorbi

Sono giornate di trattative a porte chiuse. E il sindaco Giuseppe Sala chiede ancora tempo per la nomina del presidente della Fondazione Fiera. Tra i papabili c'è il nome di Attilio Fontana, ex sindaco di Varese per due mandati, ex presidente del consiglio regionale e attualmente membro del consiglio di amministrazione di Fiera spa. A caldeggiare la sua investitura è il presidente lombardo Roberto Maroni.

Fontana, si sente vicino alla nomina?

«Lo spero. Ma da quello che leggo sui giornali siamo ben lontani da una decisione. Ho sentito Maroni, ma per altre questioni».

Come immagina la presidenza?

«Sarebbe un'avventura intrigante per varie ragioni. Perché la Fondazione potrebbe essere ancora più propositiva, per lo sviluppo di Fiera spa e per un rilancio territoriale della Fiera».

In lizza ci sono profili di tecnici e di politici. Si può dire che lei incarni entrambi?

«Non smentisco, né confermo».

Se risponde così è più politico.

«Sono solo modesto».

Battute a parte.

«Da sette anni sono nel cda della spa e so cosa ci vuole per fare il presidente. Occorre buon senso, occorre saper fare qualche passo indietro. E poi, avendo fatto politica per tanti anni, so che tasti andare a toccare, che interlocutori interpellare».

Lei ha parlato di rilancio della Fiera. Ma la principale manifestazione legata al food è in Germania.

«Questo deve far riflettere. Serve uno sviluppo della Fiera con un senso più globale. Insomma, una Fiera non può solo difendere i propri orticelli».

Ci spieghi meglio.

«Ora ci sono tante fiere, tutte belle ma piccole, slegate l'una dall'altra e non inserite in un progetto più ampio. Bisogna imparare a ragionare per grandi temi».

Ad esempio?

«Ad esempio penso a tutto ciò che ruota attorno al food, al made in Italy, al mobile. Sono settori su cui siamo già molto forti, ma vanno ulteriormente potenziati e ripensati in un modo nuovo».

Dice che è possibile sfruttare l'effetto Brexit, con euro forte e sterlina debole, per portare qui le fiere internazionali?

«Sicuramente dobbiamo imparare ad essere più internazionali. Ora la Brexit va ancora messa a punto. Quando il quadro sarà più chiaro, dobbiamo essere pronti a giocare le nostre carte e a muovere le risorse».

Expo ci ha insegnato a essere un po' più internazionali o ha oscurato le altre fiere?

«Expo ha portato l'attenzione del mondo in Italia, ma è un evento che è finito il giorno stesso in cui ha chiuso l'area espositiva di Rho. Non ci sono state conseguenze oltre. Invece la nostra economia va avanti. Quindi non culliamoci troppo sugli effetti di Expo».

Expo ci ha abituato ai grandi spazi. E anche l'ex presidente di Fiera Michele Perini, in lizza per la poltrona della Fondazione, sostiene che vada ampliata la superficie espositiva affittata.

«Questo è un settore più di competenza di Fiera spa che della Fondazione, ma è indubbiamente vero: la superficie venduta durante le manifestazioni va aumentata».

Riassumendo, se dovesse essere nominato vorrebbe rivedere il modus operandi di oggi?

«Cercherei di fare in modo che la Fiera torni ad essere più forte rispetto a quello che è oggi».

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