Cronaca locale

Arriva Letta: ecco cosa chiede Milano

Oggi la visita del premier. Sul tavolo molti nodi: tasse, lavoro e infrastrutture

Arriva Letta: ecco cosa chiede Milano

Milano aspetta, chiede e in qualche caso pretende. Sono molte le vertenze aperte fra la «capitale del nord» e il governo centrale. Alcune sono in ballo da anni, altre sono emergenze esplose di recente con la recrudescenza di una crisi economica che sembra non finire mai e non toccare mai il fondo. L'occasione per affrontare alcuni di questi nodi, oggi, è la visita a Milano del nuovo presidente del Consiglio, Enrico Letta, che ha da poco ricevuto la fiducia del Parlamento su un programma di crescita e riforme sostenuto da una maggioranza di larghe intese politiche.

Proprio il lavoro è in cima alle preoccupazioni dei milanesi. Molti lavoratori guardano con preoccupazione ai fondi, in via di esaurimento, della Cassa integrazione guadagni. Sul versante delle opportunità di ripresa e di nuova occupazione, d'altra parte, sarà importante verificare cosa ne sarà di Expo, e quali infrastrutture potranno andare in porto, fra le molte progettate, a Milano e nel resto della regione.

Il Pirellone intanto porrà subito sul tavolo la sua richiesta principale: quel 75% di tasse da trattenere in Lombardia che il governatore Roberto Maroni ha individuato fin dalla campagna elettorale come priorità del suo mandato. Ma tutto il pacchetto di Imu, trasferimenti e patto di stabilità è decisivo per la vita dei Comuni, e per capire se Palazzo Marino dovrà ancora una volta ricorrere alle tasche dei cittadini contribuenti per finanziare i servizi (e non solo quelli purtroppo).

La Regione vuole il 75% delle imposte

Un nuovo fisco che lasci sul territorio il 75 per cento delle tasse. È questo il grimaldello con cui la Lega ha scardinato la sinistra vincendo le elezioni in Regione. E ora che è diventato governatore, Roberto Maroni ha intenzione di far rispettare la volontà di chi lo ha eletto. Già pronto il dossier da consegnare al premier Letta: Roma ci lasci i nostri soldi, la richiesta del Carroccio, perché con meno tasse il Nord riparte. E con il Nord tutto il Paese. Entro giugno, l'agenda di Maroni, «deve partire la Convenzione per le riforme». Poi 4 o 5 mesi per accogliere la richiesta di lasciare alle regioni del Nord quel 75 per cento di fisco da reinvestire senza passare da Roma in infrastrutture, aiuti alle imprese e magari anche in sgravi fiscali per le famiglie e gli artigiani.

I Comuni battono cassa su Imu e patto

È chiaro che una regione come la Lombardia dove si è appena votato e a vincere è stato il centrodestra, sarà in prima fila nella richiesta di abolire la tassa sulla casa. Almeno sulla prima. Un'indispensabile boccata d'ossigeno (ed euro) per le famiglie già piegate dalla crisi e che vanno invogliate a far riprendere i consumi. Sul fronte dei sindaci e degli amministratori locali, invece, il grido di dolore riguarda i tagli del governo ai trasferimenti da Roma e soprattutto quel Patto di stabilità che impedisce anche a chi ha i soldi in cassa di pagare fornitori e imprenditori che sempre più spesso falliscono per colpa di uno Stato insolvente. «Lasciateci pagare i nostri conti» è ormai l'urlo bipartisan che unisce destra e sinistra.

Cassa integrazione e crisi San Raffaele

Il lavoro è un'emergenza che non dà tregua. La cassa integrazione è in via di esaurimento e la Regione, con una mozione del Consiglio si è impegnata ad mettere a disposizione le risorse per il 2013, anticipandole. Alcune crisi sono particolarmente complesse. Fra queste sicuramente, nel comparto sanità, il caso San Raffaele. Complessivamente l'azienda ha preventivato 244 esuberi, e ha già inviato 64 lettere di licenziamento con effetto immediato. I licenziamenti poi sono stati «congelati» per la durata della trattativa e la Regione spera di portare a casa novità già oggi. Sempre al San Raffaele studenti e specializzandi protestano contro la decisione del ministero di bloccare tutti i posti per le matricole dei corsi di Medicina e odontoiatria.

Fondi e poteri: troppe incognite su Expo

Il decreto (Dpcm) con il commissario unico e i poteri straordinari il premier Letta li poterà in dote oggi. Ma Milano aveva anche chiesto un sottosegretario alle dirette dipendenze della presidenza del consiglio che potesse coordinare il lavoro sul territorio con il governo centrale. Così non è perché la sorpresa è stato ritrovarsi le deleghe affidate al segretario regionale del Pd Maurizio Martina per di più destinato al periferico ministero delle Politiche agricole. Un bello scherzetto fatto per accontentare Bersani e a cui ora Letta farà davvero fatica a rimediare. Perché sui cantieri servono vigilanza, ma soprattutto un impulso decisivo visto che all'Expo mancano meni di due anni. E per farcela Milano ha bisogno di un governo più che amico.

Strade e metropolitane a rischio tagli

Uno dei temi più caldi per la Lombardia che in rapporto al Pil prodotto e al numero di abitanti soffre da un'ormai cronica carenza di infrastrutture che limita lo sviluppo. E forse la nomina di un milanese coma Maurizio Lupi proprio al ministero delle Infrastrutture può essere interpretato come un gesto di buona volontà. Ma tra il dire e il fare ci son di mezzo le opere da finanziare o quantomeno portare a termine. Perché è lunga la lista di quelle che non vedranno l'Expo 2015: Pedemontana, la nuova Tangenziale est esterna di Milano, la metro 4 e la 6 che è stata addirittura cancellata.

Miglior sorte dovrebbe toccare alla metro 5, alla nuova autostrada direttissima Brescia-Bergamo-Milano (BreBeMi), alla Tem e (si spera) alle connessioni con il sito espositivo di Expo a Rho-Pero.

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