«Milano? È la città ideale per un delitto»

«Milano? È la città ideale per un delitto»

Quartiere Isola. Interno di una libreria non alla moda: sugli scaffali edizioni di nicchia. Scassinata alle due del mattino. Uno dei ladri rimane dentro, come avvelenato da un virus pestilenziale. Il volto dell’uomo è mostruoso e tiene tra le chiare mani d’angelo «I promessi sposi»; in una pagina aperta c’è scritto: «Troverete il movente e la soluzione del delitto nel romanzo». Sogna un libro con un intreccio del genere Maria Elena Villa, che ha avuto il coraggio di aprire la piccola MaRea Libri a novembre in via Pastrengo 5. « Vorrei un giallo ambientato in una libreria di questa città» dice e intanto sta per inaugurare «Marea Nera», un festival della letteratura gialla tutta milanese dal 4 al 19 luglio, giorno del suo trentesimo compleanno, nello spazio dell’Isola con autori come Riccardo Besola, Salvo Barone, Giuseppe Battarino, Alberto Fossati.
Milano è la più letteraria delle città italiane. L’ispirazione ti bacia al trotto. E’ una verità che tanti scrittori hanno espresso. Soprattutto il «pasticciaccio» noir è nel suo dna. Due soli nomi per ricordare interni di sangue: la Belva di via San Gregorio, ovvero Rina Fort, e Renato Vallanzasca. Al sangue guardano i giovani talenti, tra cui Lucia Tilde Ingrosso. Giornalista, ma soprattutto autrice di «La morte fa notizia» e «A nozze col delitto». Siamo in una camera oscura? «Milano è la patria dello spirito noir. Saranno le sue nebbie oppure le linee dei suoi spazi, ma ovunque è da omicidio. Sia che si percorrano i Navigli oppure che si passi sotto un cavalcavia, il pensiero corre sui binari della cronaca nera».
Identità zodiacale: Acquario, uno dei segni inclini alla fantasia da vespa nero-gialla, una vita in città come Perugia e Budapest, ma poi il ritorno su questa piazza. «Siamo portati a vedere l’intreccio delittuoso nella milanesità degradata. Invece qui la mente umana arriva alla follia in ogni dove e soprattutto nei quartieri alti. Basti pensare ai delitti «bene»: l’omicidio di Maurizio Gucci, la fine di Alenya Bortolotto, massacrata dal ricco fidanzato Ruggero Jucker. Via Palestro e via Corridoni le scene dei misfatti». Tra la metropoli povera e provata, quella della guerriglia popolare, sudata da gladiatori, la Ingrosso preferisce la violenza della parte glam, freddamente patinata e impaginata. «Cambiano i conti in banca - racconta - ma poi alla fin fine i moventi dell’impulso rimangono quelli: passioni, interessi, pazzia. Mi intrigano i delitti «educati», sono più fascinosi del cosiddetto lavoro sporco».
Un anno fa Francesco Gallone, classe 1978, venditore di fiori finti al mercato, ha fondato insieme ad Andrea Ferrari il «Movimento degli inadeguabili». L’ultimo suo lavoro letterario è «Milano corri o muori». Con la nostra cognizione del dolore, viviamo sotto un cielo nero sia di notte che di giorno? «Viviamo in una città condannata, che ormai non ha più alcuna possibilità di un credibile riscatto. Non c’è nulla di più noir di questa possibilità negata».
Nessuna redenzione per la metropoli ambrosiana, e il perché si capisce traendo dai titoli degli scritti di Gallone alcuni epiteti della città: è un’arma, è stanca, è una lapide d’asfalto. Nessuna luce vaga in queste strade? «No, sono buie da qualsiasi prospettiva esse si osservino. Anzi, dove più sembrano brillare, più sono putride e dense di ombre, dai quartieri avvenieristici e all’avanguardia, ai suk, alle aree delle alte residenze».
Insomma, se dovessimo chiudere con l’atmosfera manzoniana dell’inizio, questo lazzareto di lorda umanità non si è mai liberato dalla peste del suo spirito oscuro.

Gli aggettivi non piacciono ai giornali, ma ad uno scrittore è concesso di metterli in fila e Gallone non si tira indietro sulla sua città. «E’ corrotta, sporca, putrida, paradossale, apparente, maleducata, fetida, ignobile. Però è anche affascinante ed eroica, affascinante ed eroica, lo voglio ripetere».

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