Cronaca locale

Milano dirà addio ai suoi dehors?

Alcuni ristoratori, a conti fatti, non se la sentono di pagare per mantenere gli spazi esterni. Abbiamo fatto un giro per la città per sentire commenti e umori

Milano dirà addio ai suoi dehors?

Anche Milano, come altre città italiane, rischia con il mese di aprile di perdere i suoi spazi esterni, i dehors, che alcuni bar e ristoranti hanno allestito davanti ai loro ingressi, andando a occupare il suolo pubblico. Questi tavolini e sedie all’aperto hanno salvato molti gestori e proprietari in un momento, quello della pandemia della durata di due anni, in cui la crisi si è fatta sentire ancora di più. Uno spazio esterno è servito soprattutto quando le restrizioni Covid non permettevano di consumare colazioni e pranzi all’interno, ma solo all’aperto. Le occupazioni definite 'leggere' sono state consentite attraverso una procedura semplificata ma, aspetto ancora più importante, a uso totalmente gratuito. Adesso però, con la fine al 31 marzo dello stato di emergenza, cadrà questa concessione, e le regole torneranno a essere simili a quelle pre-pandemia.

Il Comune ha deciso comunque di venire incontro ai proprietari dei locali, che decideranno di continuare a occupare il suolo pubblico, con una tariffa scontata del 20% sulla Cosap, la tassa per l'occupazione di suolo pubblico, fino alla fine del 2022. Qualora dovessero decidere di mantenere le strutture dovranno dare comunicazione entro il 15 aprile, il termine è stato prorogato. Alcuni esercenti si stanno però già lamentando, anche perché proprio adesso dovrebbero aumentare le temperature, ancora un po’ rigide, e i clienti preferiscono bere il caffè o mangiare all’aperto, un modo per cercare di recuperare parte degli introiti persi in due anni di pandemia. Nonostante lo sconto infatti i prezzi non sono proprio bassissimi e ai proprietari di bar e ristoranti tocca fare qualche calcolo per vedere se sia conveniente o no mantenere gli spazi esterni, alcuni dei quali davvero belli.

Cosa chiede l'opposizione

C’è da dire che l’opposizione ha diverse volte cercato di far cambiare idea alla giunta Sala, senza per il momento però riuscirci. Quello che chiedono è che almeno venga prorogata la gratuità fino a settembre, almeno per lasciare in pace i commercianti nella stagione primavera-estate. Ma Palazzo Marino per il momento non sembra proprio voler arrivare a un compromesso e già sta pensando alle tasse che riscuoterà. Del resto proprio qualche giorno fa il sindaco milanese ha pianto miseria chiedendo al governo di avere almeno 200 milioni di euro, altrimenti non si riesce a chiudere il bilancio. Per capire come si sta muovendo l'opposizione abbiamo contattato Gianluca Comazzi, consigliere comunale di Milano e capogruppo di Fi in Consiglio regionale. L'esponente azzurro ci ha spiegato che“la reintroduzione della tassa sui dehors è l’ennesimo schiaffo che il Comune di Milano rifila a centinaia di baristi e ristoratori, già stremati da due anni di pandemia e dai mostruosi rincari di luce e gas. Pur di fare cassa la giunta Sala non si ferma di fronte a nulla ma introdurre nuovi balzelli in questo momento storico è un atto ingiusto e vessatorio. Personalmente - conclude - mi batterò in tutte le sedi istituzionali affinché agli esercenti venga concessa una proroga per tutto il 2022, affinché possano continuare a mantenere i loro tavoli all’aperto senza dover subire ulteriori esborsi di denaro”.

Considerando che le nuove occupazioni straordinarie Covid, o allargamenti di quelle già esistenti precedentemente, in giro per Milano sono poco meno di 3mila, le richieste finora arrivate per mantenerle permanenti non sono molte, qualche centinaia. Anche perché molti proprietari non hanno ben capito le richieste del Comune, a loro dire poco chiare. Se nel quartiere Isola e ai Navigli, dove molti avevano già i dehors e li hanno solo allargati, qualcuno ha deciso di pagare pur di avere uno sbocco esterno, in altri quartieri della città la situazione è ben diversa. Come per esempio in porta Venezia, dove non tutti sono dell'idea di mettere mano al portafoglio e chi lo fa, come per esempio qualche ristorante che ha l'interno abbastanza piccolo, storce comunque il naso. In molti stanno interpellando architetti di fiducia per avere un’idea dello spazio da poter eventualmente occupare, dato che anche la normativa è cambiata e non si possono ingombrare più di 10 metri, mentre prima ci si poteva allargare a piacimento. A pesare nella scelta saranno anche i rincari di luce e gas di cui queste attività commerciali sono grandi consumatori.

È tempo di fare i conti

Il proprietario di una nota gelateria in zona Rubens/Bande Nere ci ha confermato che le spese per avere il dehor non sono state per nulla basse. La sola struttura, davvero molto bella, è costata 8mila euro, senza contare il lavoro dell'architetto e tutte le spese per chiedere il permesso. Tra l'altro ha spiegato che la richiesta è stata presentata ad aprile 2021 e la concessione è arrivata solo a settembre, praticamente a stagione finita. Cinque mesi per avere una risposta. Il certificato di Impatto Acustico può essere effettuato solo da un Tecnico Competente in Acustica Ambientale e consiste nella misurazione del rumore che l'attività produce verso l'ambiente esterno e verso le abitazioni vicine. Può arrivare a costare fino a 2.500 euro. La valutazione serve a inquadrare il clima acustico presente prima della realizzazione di determinate opere edilizie, per verificare che le condizioni di rumorosità esistenti non rechino fastidio a case e attività adiacenti.

Il proprietario della gelateria ha anche ricordato di aver dovuto pagare di tasca propria la segnalazione sull'asfalto che delimita il dehor: per un paio di linee in vernice bianca ha sborsato, abbiamo visto la fattura, 580 euro+Iva. A sue spese anche il cartello stradale sul palo della luce, altri 120 euro. Non è comunque scontato che il Comune decida di accettare la sua richiesta e di dare ancora la concessione e in quel caso sarà suo compito rimettere tutto come prima, a suon di euro. Per mantenerlo si pagherà di Tari, la Tassa sui rifiuti, circa 95 euro all'anno sul marciapiede, mentre in carreggiata si parla di 4 volte tanto al metro, ma su questo ultimo dato ancora non ci sono certezze."Ti fanno passare la voglia di fare tutto", ha concluso tra sé e sé in tono amareggiato.

E se c'è il mercato?

L'ultima tappa del nostro tour milanese tra bar e ristoranti è Città Studi. Qui abbiamo deciso di fermarci a fare due chiacchiere con Stefano, uno dei proprietari dell'Union Club di via Moretto da Brescia. Con lui dietro al bancone ci sono anche il fratello Davide e la mamma Letizia. L'Union, come viene familiarmente chiamato dagli aficionados, è un locale accogliente frequentato non solo da studenti, ma anche da persone più adulte. Stefano è decisamente soddisfatto del suo spazio esterno, molto bello e curato, che ha permesso al locale di avere un certo respiro. L'interno è infatti un po' stretto e lungo, ma molto intimo. Ha confessato che adesso ci sono clienti che telefonano per prenotare e chiedono espressamente di poter bere o cenare all'aperto. La sua speranza è di poter mantenere la struttura in modo permanente e ovviamente ha fatto subito domanda al Comune. Si è detto però preoccupato perché, cosa da non sottovalutare, tutti i lunedì nella via in questione c'è il mercato. Questo potrebbe essere un punto a sfavore ai fini del permesso da parte di Palazzo Marino. Il proprietario ha poi assicurato di non aver avuto alcun problema nei due anni passati, quando il mercato si svolgeva comunque e lui aveva la pedana per i tavolini e le sedie. La convivenza con l'ambulante che ha diritto al posto non è stata affatto difficile. Si è detto anche disposto a comprare il posto ma ci ha spiegato che non è possibile: se compri lo spazio devi poi usarlo solo per vendere una certa tipologia di merce, non per posizionare tavolini. Sarebbe a questo punto un vero peccato essere penalizzato solo perché nella via si svolge una volta a settimana il mercato.

Da valutare caso per caso

Noi de IlGiornale.it abbiamo interpellato anche Carlo Squeri, Segretario di Epam, l'associazione dei pubblici esercizi di Milano che fa capo alla Confcommercio. Squeri ci ha spiegato che il nuovo regolamento per le occupazioni permanenti approvato lo scorso 13 dicembre dal Consiglio Comunale è meno restrittivo del regolamento Cosap precedente ma più vincolante rispetto alle linee guida del 2020 e del 2021. Intanto nel 2020 il limite di 10 metri in carreggiata non c'era. Non è comunque detto che i proprietari di bar e ristoranti possano mantenere l'occupazione del suolo pubblico, che è da valutare caso per caso. A intralciare i permessi ci sono vincoli monumentali per i quali serve il parere della Soprintendenza, o anche le modifiche riguardanti le distanze della struttura da sosta e alberi. Squeri ha precisato che “queste occupazioni straordinarie sono state gratuite per più di 2 anni. Sulla tariffa annuale, che verrà applicata togliendo i tre mesi di copertura del governo, verrà applicato dal Comune di Milano uno sconto del 20%. Questo significa che per l’anno 2022 ci sono quasi altri due mesi di gratuità. Da tener presente che ci sono anche pubblici esercizi, circa la metà, che non hanno potuto sfruttare queste occupazioni per mancanza di spazi o impedimenti logistici. Se ci sono fondi da destinare alle attività di pubblico esercizio, che si pensi a quelle attività che non hanno potuto utilizzare gli spazi esterni, non per loro volontà. Infine, tante attività sono sopravvissute grazie a questa possibilità".

Squeri ha affrontato anche l'argomento Tari, composta da una parte fissa determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio e da una parte variabile rapportata alle quantità di rifiuti conferiti. Ha sottolineato che lo scorso anno quella variabile era stata spuntata del 100% e quindi, nel complesso, è stata ridotta di quasi il 50%. "Abbiamo chiesto, se il Comune è disponibile a un ulteriore sforzo, che questo vada nell'abbattimento Tari e non in un ulteriore abbattimento Cosap, perché ne gioverebbero tutti. Altra richiesta avanzata all'Amministrazione, che questa estate si possa rimettere mano al regolamento per apportare delle correzioni su delle linee che per noi sono oltremodo penalizzanti", ha aggiunto in conclusione il Segretario di Epam.

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