Andrea Bianchini
«Ci siamo sentiti abbandonati». Il grido d'allarme nei confronti dell'amministrazione comunale milanese arriva dritto dritto da Lucio Fusaro, presidente della Powervolley Milano, squadra pallavolistica di serie A. Che però, di milanese, oltre al nome ha ben poco. Colpa dei ritardi nella costruzione del nuovo Palalido che, rinvio dopo rinvio, dovrebbe essere pronto non prima del prossimo inverno.
Significa dover giocare lontano da Milano anche parte della prossima stagione.
«Un peccato perché quando mi era stato chiesto dall'attuale presidente della federazione Bruno Cattaneo (che domenica scorsa ha vinto le elezioni di federazione, ndr) di riportare Milano in serie A io l'ho fatto. Se avessi saputo che avrei dovuto giocare un anno a Desio, un anno a Castellanza e un anno a Busto Arsizio - senza mancare di riguardo a queste tre città che ci hanno ospitato benissimo - avrei probabilmente preso tempo. Perché un campionato di Serie A costa soldi».
L'anno prossimo dovrebbe essere quello buono.
«Giocare a Milano non è un sogno, sarebbe un dovere per la città ospitare le proprie squadre sul proprio territorio.
Si dice che faremo metà campionato fuori Milano: io me lo auguro. In realtà immagino che se i lavori proseguissero molto spediti come promesso poi subentreranno comunque burocrazia e omologazioni a rallentare nuovamente il tutto».
È stufo delle promesse?
«Le stesse cose ce le avevano dette già due o tre anni fa, ormai un po' di delusione ce l'abbiamo. Per costruire un palazzetto abbattuto nel 2009, sette-otto anni sono più che sufficienti. Anche troppi».
Ha avuto contatti con il Comune?
«Siamo stati ricevuti a Palazzo Marino, dove abbiamo presentato la squadra. Poi non abbiamo più saputo nulla, immagino che la nuova amministrazione abbia trovato dei problemi relativi alla precedente gestione. Ci auguriamo che anche questa giunta, dello stesso colore della precedente, ci riconosca il contributo ottenuto lo scorso anno in cambio del lavoro svolto sul territorio».
Avete pensato a un piano B?
«C'è una possibilità. Con una con una cordata di imprenditori si potrebbe ristrutturare il PalaSharp. Sono già state fatte delle verifiche statiche: si tratta di investire dai 2 ai 4 milioni per sistemarlo e riconsegnare alla città un palazzetto funzionante».
Sarebbe della partita?
«Sembrerebbe che ci sia una cordata disponibile, alla quale io mi aggregherei violentieri»
Tempi?
«In teoria si dice fattibile in 7-8 mesi ma tutto dipenderà dalla solita burocrazia e dalla volontà di fare le cose. In realtà trovo che sia una struttura fantastica: però, prima di noi avrebbe dovuto pensarci il Comune»
Lei ha già avuto esperienze simili negli Stati Uniti.
«Alcune delle mie attività sono a Pittsburgh così sono diventato sponsor anche delle squadre di football americano e di hockey. Quando è caduta una balaustra del palazzetto del ghiaccio, invece di aggiustarla, hanno abbattuto e ricostruito ex novo l'intera struttura».
Tempi biblici anche lì
«Macché, in otto mese era pronto. Ovvio che l'hanno fatto privati ma ci vuole qualcuno che dia una regia pubblica.
Noi adesso dobbiamo capire che fa cosa fare perché la situazione è insostenibile».
E i risultati sportivi ne risentono. L'unica vittoria per 3-0 è arrivata all'ultima giornata.
«Vero, però sono arrivate anche sei sconfitte per tre a due. Come annunciato il giorno della presentazione, abbiamo schierato una squadra di milanesi, di giovani, di ragazzi come si deve. Sottolineo che abbiamo fatto quasi tutte le partite con tre ragazzi in campo che insieme non hanno la mia età. E io non sono centenario».
Rimpianti?
«Ovviamente non ci aspettavamo di fare un'annata così negativa. In parte è stata viziata dalla malattia di Skrimov, a cui hanno diagnosticato un tumore. Puntavamo moltissimo su di lui, ma la sua guarigione è stata la nostra vittoria. Poi siamo stati siamo stati toccati da moltissimi infortuni. È un peccato perché eravamo partiti con altri obiettivi. Ora speriamo nei playoff per scalare qualche posizione».
Ha mai pensato di mollare?
«Io sono un eterno ottimista e quindi sempre spero che qualche cosa di buono accada. Però ci sono anche altre strade: spostarci completamente su Busto Arsizio o investire nella squadra femminile di Busto Arsizio e toglierci qualche soddisfazione. Poi, altre società mi hanno chiesto una mano come sponsor per fare qualcosa di importante».
Eppure
«Eppure io sono nato a Milano e voglio costruire un progetto a Milano. Altrimenti tutto il lavoro fatto sul territorio in questi anni nelle scuole e negli oratori non avrebbe più senso».
Quindi continuerà a combattere a Milano.
«Però non posso fare una battaglia contro i mulini a vento. Sarebbe l'ennesima occasione persa per la città. E questa volta non perché non ci sono pazzi che si spendono in prima persona e investono dei soldi, come i nostri partner Axopower, Ambromobiliare e Dietalinea».
È l'ultima chance?
«Sì, questa volta sì».
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