La sera del 31 maggio, quella in cui Matteo Salvini e Luigi di Maio hanno firmato l'intesa per far nascere il governo Lega-M5S dopo 88 giorni di stallo, il consigliere comunale di Forza Italia Pietro Tatarella ha pubblicato sul suo profilo Facebook una scritta tranchant: «La coalizione di centrodestra non esiste più!». E a giorni di distanza ieri si è detto ancora più «preoccupato che questo governo giallo-verde non sia solo un'unione di scopo ma qualcosa di più profondo, se così fosse il centrodestra come è stato concepito in questi anni non avrebbe più la necessità di esistere. E se Fi non si muove rischia un'agonia neanche troppo lenta». Muoversi si traduce intanto «con un rilancio forte, anche esteticamente facciamo fatica a competere con i partiti al governo fatti di persone con un'età media molto giovane, le nostre prime linee sono ancora quelle del '94, si parla di ricambio ma sulle tv nazionali vedo sempre gli stessi». Detta in altro modo: «In un mondo di smartphone Fi sembra un telefonino anni '90. Invece se riusciamo a tornare a competere, anche con gli alleati, lo spazio c'è. Non si spiega altrimenti il 20% di voti incassati a Milano ancora due anni fa». Nel futuro prossimo immagina che «parte di Fi deciderà di passare con la Lega, gli altri dovranno traghettare il partito verso il rilancio, c'è spazio per una destra riformista e liberale che faccio fatica a rivedere negli altri nostri o ex alleati. Il vero errore che qualcuno sta facendo in queste settimane è immaginare Fi come forza che si possa unire al Pd per diventare un partito elitario contro i populisti. Non è nel nostro dna, il partito di Macron qui non esiste».
Gianluca Comazzi, capogruppo azzurro sia in Comune che in Regione, garantisce che «a livello locale l'alleanza di centrodestra tiene bene e il 10 giugno sarà un momento importante per confermare il buongoverno del centrodestra nei Comuni al voto». Il partito invece dovrà «necessariamente usare questo tempo per una forte riorganizzazione, proprio da Milano può partire la rinascita di Fi. Dobbiamo dare spazio a chi può fare la differenza in termini di contenuto e consenso sul territorio». Pensa «ai sindaci e amministratori locali che si sono guadagnati il consenso sul campo e devono rappresentarci anche dal punto di vista comunicativo. Basta con le stesse persone in tv da 30 anni, è un processo che hanno fatto tutti i partiti a parte il nostro». A luglio ci sarà una grande iniziativa con i sindaci del territorio».
La coalizione di centrodestra «non è da archiviare - sottolinea il vicecapogruppo milanese Alessandro De Chirico -. Va ripensato il ruolo di Fi al suo interno. Per troppo tempo abbiamo cercato di correre dietro a temi leghisti, con risultati scarsi e realizzando una brutta copia mal starnazzata. La sicurezza intesa come daghela a l'untur xenofoba e razzista. Il no incondizionato a moschee e diritti civili». A Milano «su questi temi non dobbiamo salire sulle barricate. Chiedere un registro degli imam, sermoni in italiano, trasparenza sulla provenienza dei fondi. Essere attenti alla legalità, ma disponibili al dialogo. Dobbiamo reinterpretare il nostro ruolo liberale, moderato e riformista all'interno della coalizione. Ascoltare la società civile e dare risposte nuove alle esigenze di un mondo che è cambiato e non abbiamo saputo capire attentamente». Serve «una profonda riorganizzazione che non sia spartizione delle cadreghe per mantenere gli equilibri interni. Chi non ci sta vada pure altrove. Non abbiamo paura di perdere opportunisti e voltagabbana, ma non vogliamo neanche sparire sotto l'onda gialloverde».
Per il consigliere Fabrizio De Pasquale «Fi ora deve ripartire dalle idee e dai bisogni della gente, stare all'opposizione può essere un bene. E il rinnovamento più che generazionale dev'essere nello spirito di servizio».
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