Miracolo a Milano: il 1 maggio la città celebra il lavoro, lavorando. «Noi festeggiamo in questo modo. Finalmente abbiamo la libertà di scegliere. Con la crisi dobbiamo essere solo felici davere unattività in piedi. Esprimiamo la nostra contentezza tenendo il negozio aperto». Il sorriso di Paolo Santi, responsabile di «Sport Dolomiti» in piazza dei Mercanti, vale più daltre parole per raccontare la Milano che fa della professionalità la sua motivazione più forte.
Con lui molti esercenti che vogliono far la festa alla festa che inneggia al lavoro non arrestando le rotative pulsanti ambrosiane. «Questa città è triste: troppi divieti. Milano è sempre stata libera e tale rimarrà. Il mio negozio è lungo una via turistica, quindi voglio dare di Milano lidea di una metropoli che non si ferma alle date comandate» spiega Beba De Bernardis di «Rigadritto» in via Brera. Ma sulla gioia passa subito unombra. «Siamo stanchi dessere minacciati per fare il nostro dovere. Il Sindaco ha dichiarato che il 25 aprile Milano era chiusa. Non è vero e la stampa ha il dovere di dirlo, non di appiattirsi sulla voce del potere. Buenos Aires, la Galleria, via Montenapoleone, Brera erano aperti. Se Pisapia intende imporci otto festività, che venga lui a lavorare per noi quando non cè nessuno. Noi andiamo avanti: saremo aperti nei giorni festivi, nulla ci fa paura se non la tristezza in cui è caduto questo centro».
Il Decreto Monti sulle liberalizzazioni spacca il 1 maggio: da un lato i lavoratori che lo vogliono attivo e dallaltro i non-lavoratori che manifestano contro chi lavora. Gli organizzatori della May Day Parade dei precari annunciano «azioni di contrasto nei confronti dei negozi e dei centri commerciali che resteranno aperti durante la Festa dei lavoratori». La bandierina rossa intende falciare chi rivendica il semaforo verde. Da una parte il rosso del lavoro pubblico, dallaltra il verde di chi opera per il pubblico. «I turisti pullulano: è giusto che trovino una Milano sbarrata? No. Siamo un servizio per loro, quindi, avendo la libertà di farlo, è saggio che rimaniamo al nostro posto» dice Giovanni Curci di «Brics» in Galleria. Vicino cè «Massimo Dutti» del gruppo Zara. Idem. Porta spalancata: «queste sono le disposizioni che vengono dalla casa madre» commenta Lorenzo, il direttore. Tutti intendono rimanere al loro posto, anche i promotori del May Day Parade che «rivendicano il diritto di conservare il percorso storico in alternativa a quello decentrato indicato dalla Questura».
In Brera, dentro la Spalding&Bros.
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