«Era un bambino. Questo è il fatto. Era suo figlio». Parla di fatti Paola Bonzi, e di bambini ne ha fatti nascere 21.913. Nella sala «Negri da Oleggio» dell'Università Cattolica, affiancata dall'arcivescovo Mario Delpini, la fondatrice del Centro di aiuto alla vita della Mangiagalli racconta il suo incontro con una di queste 23mila donne. Una donna in carriera, decisa a interrompere la sua gravidanza, poi dubbiosa e infine aperta alla possibilità di diventare madre. «Le dissi che noi diamo ascolto e nel caso in cui serva diamo anche aiuto, il tutto senza pretendere di far pensare le persone con la nostra testa». Quella donna aveva paura, ed era sola. «Se lo vorrà saremo insieme», le disse Paola. «Va bene - rispose la giovane - Penso che potrei farcela». La rivide alcuni mesi dopo quando tornò nella sede del Centro con il suo bambino. «Come avrebbe fatto la tua mamma senza di te?» chiedeva sorridente. «Non le abbiamo dato nulla - riflette Paola - Neanche le scarpine portafortuna. Mi chiedo: perché ha cambiato idea? Questa cosa mi tormenta», confessa. La risposta che prova a dare sta in quello che chiama «grembo psichico». «Credo di averla ascoltata molto, quasi mettendola dentro di me, facendole sentire che per lei c'era un posto, un posto che voleva che lei tornasse a nascere». «Tante donne - spiega - non riescono ad accettare la vita del figlio perché sono state non accolte, non curate. Questo vorrei fare con le persone che incontro: farle sentire come delle figlie».
Paola Bonzi, dunque, è «madre» di 23mila bambini: «Una città grande quasi come Magenta - calcola - e se non fossero nati ci sarebbe stata come una coltre nera: campanelli che non suonano, canzoni che non suonano». Ha fatto nascere 23mila bimbi, ma sopratutto ha fatto nascere le loro madri. «Tutto questo aveva qualcosa di miracoloso, anche per un laico» riflette Giuliano Ferrara, il fondatore del Foglio che è arrivato a Milano a presentare i due nuovi libri della Bonzi, Per un bambino e Suoni e silenzi, testimonianza di un viaggio in Terrasanta.
«La maternità è qualcosa di sacro» riflette Paola, ma la sua testimonianza sta nell'aiuto concreto, laico si direbbe se non fosse animato (anche) da una fede palpabile. «Missionaria» la chiama Ferrara. «Missionaria alla Mangiagalli, dove da 34 anni fa questo mestiere di ascoltare donne e aiutarle». Il giornalista ed ex ministro, dieci anni fa la volle con sé in quella «follia» della lista «Aborto, no grazie». «Ero alla ricerca di un simbolo - racconta - cercavo una cosa che tenesse insieme verità diverse. La prima volta che ci siamo incontrati per proporle questa battaglia culturale capii che era perfetta». Era impegnato, l'allora direttore del Foglio, in una memorabile battaglia, non contro la legge 194, ma contro la «banalizzazione» dell'aborto, contro il suo automatico slittamento, anche semantico, in «diritto» moralmente indifferente. Voleva ingaggiare una «guerra al nichilismo della mentalità contemporanea» e a favore di una idea diversa dal pensiero dominante, l'idea che la vita debba essere attesa «mistero, non prodotto del corpo». E si chiedeva, l'allora ideatore di quella lista, come poterlo fare «senza essere dogmatici, senza trasformare la severità in una disciplina puramente predicatoria». Ecco perché Paola Bonzi fu la bandiera di quell'avventura che aveva grande ambizione culturale e poche velleità elettorali e politiche. «Era perfetta - ricorda Ferrara - non aveva nessuna di quelle caratteristiche che restringono l'orizzonte». E fu una campagna - ricorda - condotta «in forme inaudite», facendo «ribollire» le contraddizioni.
Paola Bonzi non ha mai lasciato il suo speciale «mestiere» al Centro per la vita. «Questa missione - nota Ferrara - la svolge col sostegno di tanti ma senza un insieme di politiche pubbliche. E questo è scandaloso» osserva. «Perché l'8 marzo non ho mai visto Paola Bonzi al Quirinale? - chiede - eppue se c'è una donna che ha fatto qualcosa per altre donne e con valore per tutta la coscienza nazionale questa è lei. Perché è così difficile finanziare i centri per la vita? Tutto ciò è assurdo».
Ma tutto ciò, pur cruciale, attiene alla sfera del pubblico. Paola oggi parla di quei bambini. Ferrara li chiama «bambini destinati a essere risucchiati nel vortice del nulla e arrivati al piano della vita». Grazie all'aiuto di Paola Bonzi e alle sue 23mila mamme, rinate.
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