Monumentale, nuovi defunti cercasi

Un bando assegna 4 edicole di ricchi borghesi: fino a 687mila euro per una tomba

Monumentale, nuovi defunti cercasi

Chi prenderà il posto di Andrea Bardelli, che da un secolo guarda fiero con i suoi baffi a manubrio i marmi circostanti? Quali spoglie mortali soppianteranno quelle di Carlalberto Coulliaux, che dal MCMXV riposa quaggiù? Nuovi defunti cercansi, al Monumentale. L'unica certezza è che i nuovi inquilini non saranno morti qualunque ma scomparsi dell'upper class meneghina, gente in grado di partecipare tramite i propri eredi all'asta bandita nelle scorse settimane dal Comune per assegnare quattro edicole del grande cimitero. La gara si annuncia intensa, nonostante le robuste basi di partenza per le concessioni novantanovennali: dai 122mila euro chiesti per la tomba più modesta ai 678mila della prestigiosa ex Pozzi. A gara finita, andare a curiosare tra i nomi dei vincitori (magari ci sarà qualche influencer...) sarà anch'esso un modo per scrutare le dinamiche della borghesia milanese, nel gioco consueto del «chi sale e chi scende».

Eh già. Perché per qualcuno che sale, c'è sempre un nome che scivola in basso nelle gerarchie e nei ricordi. Così accade per queste quattro edicole: che possono venire riassegnate solo perché i vecchi titolari sono svaniti nel tempo, gli eredi non ci sono o non hanno avuto tempo e modo di occuparsene. Così l'abbandono ha segnato implacabile i monumenti che un tempo erano l'orgoglio di altrettante famiglie milanesi. Eppure tre delle quattro da piazzare sono nella Necropoli, che del Monumentale era da sempre la zona vip: «Avere la tomba in quest'area spiega Sergio Rebora, curatore artistico del cimitero - era la consacrazione dell'ascesa sociale, l'equivalente del palco alla Scala. Voleva dire venire sepolto accanto ai Bernocchi, ai Borletti. Significava ce l'ho fatta». Invece ora nelle quattro edicole le ragnatele, la polvere, le crepe raccontano che anche la gloria delle famiglie sa essere effimera. I capostipiti investirono in questi marmi, certi di avere dato vita a un benessere che avrebbe attraversato le generazioni successive: e vedove, figli, nipoti, avrebbero trovato spazio qui. Ameni inganni.

Pozzi, Bardelli, Valdani, Coulliaux. Dei quattro cognomi, l'unico a raccontare qualcosa dagli archivi è l'ultimo: Carloalberto, grande stomatologo, di cui già il 17 maggio 1879 il Corriere della sera annunciava a Brera «una lezione sull'igiene de'denti». Coulliaux è un pioniere della cura della bocca, il figlio Lodovico ne segue le orme, ed è lui quando il padre muore a volere l'edicola al Monumentale in puro stile secessionista, tra il liberty e il deco. Anche qui si coglie la fiducia che la famiglia prospererà a lungo, e che uno dopo l'altro i suoi membri verranno a riposare insieme. Sei tombe: ma ne vengono occupate solo due, da Coulliaux padre e figlio. Al posto dell'albero frondoso le radici hanno prodotto solo un tronco spezzato.

Delle altre tre edicole, le schede infragilite dal tempo custodite nell'archivio del cimitero dicono poco. Ma anche in quel poco si intuisce lo sviluppo tumultuoso della città d'inizio secolo, quando nuove ricchezze figlie del lavoro e del talento irrompevano tra i privilegiati. Andrea Bardelli e Angela Sommaruga, probabilmente sua moglie, approdano al Monumentale nel 1917, «provenienti da esumazione». Forse un figlio ha fatto fortuna, e ha voluto dare ai genitori l'omaggio postumo, la tomba disegnata da Attilio Strada, con una santa dai seni impudichi che imbraccia il crocifisso: ma la fortuna ha poi preso altre strade, e santa e seni sono corrosi dall'incuria. L'edicola Pozzi dovrebbe ospitare il capostipite Carlo, e sua moglie Filomena: poi si sono aggiunti parenti e affini, nel 1923 tale Federico Giannini chiede e ottiene che venga accolta sua madre Giulia; una lapide rotta e sbiadita ricorda l'ultimo arrivato, nel 1957, «dott. Silvio Liverta», poi più nulla. Il monumento più importante, l'edicola Valdani: si sa chi era il progettista, il grande Ambrogio Annoni, con lo scultore Aureliano Mistruzzi. Ma degli ospiti, Enrico Valdani e Bianca Bellotti, si sa solo che arrivano qui vent'anni dopo la morte, nel 1933. Poi la storia si estingue.

Ora l'asta è partita, e dovrà fare i conti coi lasciti del passato. Chi vincerà, dovrà occuparsi dei resti: forse ormai minerali, forse in parte indecomposti.

E dovrà misurarsi con le Belle Arti, che qua tutto vigilano. I restauri dovranno essere approvati nei dettagli. E il nuovo titolare dovrà trattare con loro se vorrà sostituire al nome della famiglia dimenticata il proprio, oggi danaroso e rampante. Per quanto?

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