Baffetti alla Clark Gable, doppiopetto, sguardo affilato: così Ezio Barbieri si affacciava alla gabbia dell'aula durante un processo del 1949. E così è passato alla storia in una foto d'epoca recentemente esposta nella mostra dal titolo Milano e la Mala. Barbieri, noto come «Il Robin Hood dell'Isola», è morto giovedì mattina all'età di 95 anni a Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia. Lì si era trasferito dopo essere uscito di prigione, nel 1971. E lì si era rifatto una vita rigando dritto fino alla fine.
Dei banditi della ligera, quelli che hanno tenuto in scacco la città fino agli anni Cinquanta del '900, Barbieri era il più milanese. Classe 1922, nato e cresciuto in via Borsieri, è sempre tornato nel quartiere dopo le scorribande tra colpi in banca e posti di blocco per derubare i passanti. La leggenda vuole che gli abitanti, che conoscevano bene lui e i componenti della sua banda, non abbiano mai «cantato» con la polizia. Perché Barbieri ridistribuiva il bottino delle rapine tra le famiglie più povere dell'Isola. Tra il 1944 e il 1946 capeggiò la «banda dell'Aprilia nera», chiamata così per la Lancia con il motore truccato usata per fuggire dalle forze dell'ordine. La targa (falsa)? 777, cioè il numero del pronto intervento della polizia di quegli anni. Barbieri venne arrestato diverse volte ed epiche sono state anche le sue evasioni, pure da San Vittore. Dopo essere scappato dalla prigione di Novara, concesse persino un'intervista al Corriere Lombardo. Da «nemico pubblico numero uno» riempiva le prime pagine dei giornali. Come quella volta che - un'altra leggenda? - entrò in banca accompagnato da una donna bellissima e completamente nuda. E approfittò dell'attimo di distrazione dei presenti per impugnare il mitra e far scattare il blitz.
La sua carriera criminale termina che ha appena 24 anni, nel 1946. Viene catturato alla Cascina Torrazza. Lo stesso giorno, a Turro, muore in un conflitto a fuoco con i poliziotti il suo complice storico: Sandro Bezzi. Pochi mesi dopo l'arresto di Barbieri, il 21 aprile, a San Vittore scoppia la peggiore rivolta del dopoguerra. Ci vogliono quattro giorni per sedare nel sangue la «Pasqua rossa». Barbieri è uno dei protagonisti, immortalato nel romanzo di Alberto Bevilacqua che gli vale un altro soprannome: «il Dillinger italiano». Viene condannato a 30 anni di carcere duro, li sconterà quasi totalmente. In prigione, nel 1968, sposerà una ragazza conosciuta per corrispondenza.
Barcellona Pozzo di Gotto è stata la sua ultima destinazione carceraria. Ne cambiò molte per via della sua abilità nell'evadere. In Sicilia, in una villa in collina, scelse di rimanere a vivere dopo aver riacquistato la libertà.
Facendo al contrario il percorso dei boss che a metà del Novecento sbarcarono a Milano e decretarono la fine della ligera. Non aveva ancora 50. Alle spalle una vita da romanzo, davanti a sé un'altra esistenza da uomo comune. Commerciò prima in vini e poi aprì un negozio di abbigliamento.
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