Cronaca locale

Muore il «vice» della banda Vallanzasca

Sopravvivere alle guerre di mafia e a decenni di galera, attraversare da protagonista gli anni più duri e cupi della malavita e morire anziano nel più banale dei modi, schiantandosi in moto con la donna. È stato il singolare destino, compiutosi ieri, di Antonio «Pinella» Colia (nella foto). Era stato il vero capo della banda della Comasina ai tempi di Renato Vallanzasca, quando per i giornali l'unico nome importante era il «bel Renè»: una popolarità che Colia non invidiava. Del silenzio aveva fatto una religione: chi doveva sapere che il capo era lui lo sapeva. Si era fatto anni di galera ma la prova che il suo potere faceva ancora paura si era avuta quando, appena uscito da San Vittore, avevano cercato di ammazzarlo. Era tornato alla vita di sempre, in una Milano dove i vecchi equilibri si stavano sgretolando. Andò a finire che gli tirarono un bidone, vendendogli della cocaina che era solo roba da taglio, e quando lui fece presente di non essere tipo a cui si tirano fregature gli risposero in faccia «chi se ne frega che sei Colia». Tempo dopo nel campo nomadi dove stavano gli organizzatori della truffa due tipi armati ammazzarono uno del clan. Colia, stabilì una sentenza, non c'entrava nulla. E non c'entrava nulla neanche col carico di cocaina con cui venne fermato pochi mesi fa e per cui è stato scarcerato. A 67 anni viveva tranquillo. Ieri sale sulla sua moto nuova e va a farla vedere alla sua ragazza. Si dice che lei non avesse il casco e che lui abbia fatto un'impennata. Schianto.

Lei muore subito, lui poco dopo in ospedale.

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