Una negoziante di piazza Ascoli ha raccontato il suo incubo È stata costretta a pagare per anni una «tassa» alla malavita

Una negoziante di piazza Ascoli ha raccontato il suo incubo È stata costretta a pagare per anni una «tassa» alla malavita

Si trasformerà in inchiesta ufficiale, la denuncia della commerciante che, attraverso le pagine del Giornale, ha raccontato di avere per tre anni pagato il pizzo. Le forze dell’ordine hanno già preso contatto con la signora, che si è pronta a mettere nero su bianco la sua esperienza. Riuscendo così forse per la prima volta a Milano a fare luce su un fenomeno da molti temuto, ma mai esplorato perché nessuna vittima è mai uscita allo scoperto. Anche per questo l’Unione del Commercio ha pronto un questionario da diffondere ai propri associati affinché facciano emergere, in forma anonima, episodi di estorsione ma soprattutto di usura.
«Ho pagato 2mila euro al mese per tre anni» è stata infatti la drammatica confessione di una signora, che nel 2007 aveva aperto due negozi in zona Città Studi. Dopo pochi mesi infatti si presentò un uomo che le intimò di pagare per evitare incidenti. «Sappiamo chi sei, dove abiti e dove abitano tuo figlio e tua nuora. Ricordati che un incidente stradale può capitare a tutti». E così ogni mese due loschi figuri si presentavano al negozio avvertendola di tenere pronti i soldi ché di lì a poco sarebbero passati gli «esattori». Tre anni di incubo fino allo scorso Natale quando gli estorsori mollarono la presa: «Noi dobbiamo cambiare aria». Con ogni probabilità erano indagati per altre vicende e pensarono bene di lasciare in tutta fretta Milano.
Dopo tre mesi di tranquillità la signora ha deciso di uscire allo scoperto parlando prima con il Giornale e ora anche con gli investigatori. Un evento piuttosto raro perché, anche se molti sospettano dell’esistenza di un racket in città, nessuna denuncia è mai stata formalizzata. Potrebbe dunque essere l’occasione buona per fare luce su un fenomeno ancora tutto da esplorare. Anche per le stesse associazioni di categoria.
«Noi non ne siamo a conoscenza. O meglio nessuno dei nostri associati ha mai confessato neppure in maniera informale, di avere pagato il pizzo» spiega Luca Squeri, presidente, sia a livello provinciale che nazionale, delle commissione sicurezza e legalità.
«Sicuramente il fenomeno esiste nelle comunità straniere, spesso vessate da connazionali. Ma sono fenomeni circoscritti alla diverse etnie, dove ogni banda criminale taglieggia commercianti provenienti dallo stesso Paese. Per questo riguarda gli italiani invece non abbiamo dati e come noi neppure le forze di polizia e la magistratura. Questo non significa che il fenomeno sia totalmente assente. Personalmente sono convinto che ci siano piccole organizzazioni attive però solo a livello di ridotte realtà locali: paese, quartiere o rione. Ma sono anche certo che il tessuto sociale ed economico milanese è sostanzialmente sano e in grado di respingere questi assalti criminali. Pertanto se le vittime trovassero il coraggio di denunciare, sono convinto non subirebbero ritorsioni».
Per fotografare la realtà, l’unione del Commercio ha predisposto un questionario da inviare entro l’estate a tutti i 150mila commerciali di Milano e provincia. Un grosso impegno economico, oltre 100mila euro, per il quale l’associazione ha chiesto aiuto a Camera di Commercio e Comune.

«Più che un questionario è un vero censimento, che riguarda non solo il “pizzo” ma anche l’usura. Questo si, un fenomeno sicuramente presente e radicato nel milanese, che sta portando tanti commercianti alla disperazione».

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