"Nel piatto voglio scoprire l'anima invisibile del cibo"

Bocchia, chef stellato del Grand Hotel Villa Serbelloni porta la scienza nelle ricette della "cucina molecolare"

"Nel piatto voglio scoprire l'anima invisibile del cibo"

nostro inviato a Bellagio

«Chef? No, un sarto su misura al servizio del cliente. Il senso della mia cucina è far scoprire l'invisibile nel cibo, l'anima dei singoli elementi. Amore, natura, fatica, sentimenti: tutto si deve ritrovare in bocca. Dobbiamo mangiare qualcosa di vivo, non un cadavere». Gli ultimi ad approdare nelle 5 stelle lusso del Grand Hotel Villa Serbelloni di Bellagio sono stati sua maestà cristiano Ronaldo e fidanzata Georgina Rodriguez. «Lui non è solo un calciatore, è proprio un vero uomo. E lei ha una classe infinita»: A raccontarlo (ma solo perché la notizia è già uscita nei giornali di tutto il mondo) è l'executive chef dei due ristoranti Mistral e Goletta Ettore Bocchia a cui, nonostante la bottiglia di Barolo riserva Cantarelli del 1982 pescata nella cantina personale e stappata con vista sul lago di Como, è impossibile estorcere anche il più insignificante dettaglio sulla serata. E del resto l'understatement aristocratico di questo tempio di un lusso d'altri tempi così lontani dal cafonal di oggigiorno, è confermato dalla galleria dei ritratti con autografi e dediche relegati con signorilità nel corridoio che porta alla piscina. «Con vivi ringraziamenti, Enrico De Nicola», primo presidente della Repubblica. Poi le firme di Giacomo Puccini, re Umberto di Savoia, del segretario del Partito Fascista nella sua impeccabile divisa Achille Starace, Ranieri di Monaco, John Fitgerald Kennedy, Isabel Allende, Michael Schumacher, il regista George Lucas.

E questo da 25 anni è il regno di Ettore Bocchia, già nel 2004 stella Michelin, oggi nei testi sacri della gastronomia come padre della cucina molecolare. Cosa complicatissima, frutto della sua collaborazione con università come quella di Parma e che ridotta in pietanze potrebbe essere lo studio scientifico delle reazioni chimiche degli alimenti «per esaltarne le qualità naturali e rendere i ideale l'impatto con la nostra salute». Toccare le materie prime il meno possibile, ma dopo averle scelte con cura maniacale. Esatto? «Meglio assaggiare». Un cenno e a tavola arriva l'Ostrica etoile con tapioca e brodo di manzo e prosciutto, granita al salmoriglio e maionese di ostrica. Prodotti di stagione e magari a chilometro zero? Ingenuo, che sciocchezza. «Concetto superato. L'importante è mettere a tavola il miglior prodotto possibile, da dovunque arrivi e a qualunque prezzo. La proprietà mi ha dato carta bianca». A fine agosto c'è il tartufo, basta farlo venire dalla Tasmania, il salmone selvaggio dalla Scozia. Per spiegarlo basta un cenno e tavola arriva il Fegato grasso di oca di Sousa e terrina con confettura agrodolce di pomodoro verde. «Una produzione artigianale di foie gras di oca», l'unica al mondo che non fa uso di gavage (le tecniche di alimentazione forzata), si trova su una rotta migratoria attiva dal 1400 e gli animali mangiano fichi, ghiande e olive. «Assaggi questo che è il miglior paté francese in commercio. E il più caro, ma sente che non c'è paragone?». Sarà l'autorevolezza dello chef, ma effettivamente non c'è partita. Un anno le oche hanno cambiato strada e il loro paté è sparito dai menù. «Oggi con la globalizzazione si importa tutto, ma purtroppo proprio tutto di tutto». E allora? «Bisogna riuscire a riconoscere il buono e il cattivo. Io sono come san Tommaso, devo metterci il naso e conoscere la faccia di ogni singolo fornitore. Al nostro riso vengono fatte sette strigliature per togliere le erbacce». Un cenno e arrivano i Tortellini di pavone con brodo di volatile, funghi misti e tartufo nero. Non contento Bocchia allunga una forchettata della sua famosa Amatriciana. «L'assaggi insieme al caviale, non sente che hanno la stessa frequenza?». La frequenza? Un'occhiata indulgente. «L'equilibrio dei gusti primi in bocca, punti di fusione e retrogusto». Torniamo sempre alla materia prima. «Quella di un animale che ha vissuto una buona vita e ha mangiato cibi etici». Cibi etici. Ecco il Rombo assoluto cotto nello zucchero con spuma di patate, verdure al vapore e salsa ai porri. Un cenno e l'impeccabile cameriere aggiunge un po' di caviale. «Lo mangi insieme a questo salame», ordina lo chef. Caviale e salame, l'alto e il basso? Macché. E infatti Bocchia parla del salame e non del caviale. «Sentito il salame? Il retrogusto? Pepe di Sarawak, ma è l'aglio di Voghera che gli cambia l'equilibrio». Per farlo di questa altezza serve un rombo di 14 chili, poi la frittura nello zucchero (un'altra invenzione; come la lecitina, vedi su internet alla voce «Bocchia»). E il pesce? Lavarelli, salmerini persico? «Li compravamo da un pescatore, glielo pagavamo sempre lo stesso prezzo. Un giorno l'ho convinto a lavorare solo per noi. E a pagarlo di più se il pesce è poco. Ma se c'è tempesta e mi servono tre lavarelli, io li devo assolutamente mettere a tavola». Pagandoli di conseguenza. «Chi lavora con me deve essere felice e guadagnare il giusto, il pesce non deve costare lo stesso tutti i giorni. Allora i miei piatti saranno perfetti». Giusto. «Qui nessuno è in nero o guadagna 700 euro al mese per 16 ore al giorno. Le donne incinte sono tutelate, la persona viene prima di tutto. E, infatti, il pasticcere è con me da vent'anni, la governante è qui al Grand Hotel da quaranta. Ha dato il sangue per il suo lavoro: ha un occhio straordinario, non si trova un filo di polvere. Cuciono le lenzuola in lavanderia e le cambiano due volte al giorno».

Ma vale la pena tanta fatica semplicemente per mangiare? «Questi sono i clienti: poliglotti, globetrotter e abituati ai 5 stelle lusso». Chissà che prezzi. «Io so far da mangiare con 5 euro, non faccio fatica. Ma questo chiedono e c'è gente che si ferma 30 giorni e fa 60 pasti, ma anche una signora che alle 19,15 chiede una portata. Poi ascolta la musica con una tisana». Dite nulla? «La nostra brigata è al suo servizio». Come si applica la scienza in cucina? «Una volta le donne non potevano fare la maionese in certi giorni perché impazziva. Superstizioni, l'emulsione è sempre identica. Cucina è capire cosa succede dentro una pentola: il processo creativo nasce quando hai conoscenze e un limite da superare».

In tutto questo la famiglia Bucher festeggia i cento anni della proprietà e gli ha chiesto un menù speciale ispirato alla tradizione culinaria soprattutto francese che al proprietario (che vive e mangia in albergo) ricorda l'infanzia. Georges Escoffier, «cuoco dei re, re dei cuochi».

Un cenno e preparano al tavolo l'Anatra a la presse con salsa al fegato grasso, zucca fondente, indivia belga e confettura di kumquat. La preparazione è un cerimoniale che vale il prezzo. Nel bicchiere un Cotes du Rhone del 1969. Shirah, «sentori di pepe nero e frutta matura» sempre della cantina personale con centinaia di bottiglie dal 1920 al 1979. Un cenno, la Foresta nera rivisitata e il famoso Gelato alla vaniglia raffreddato con l'azoto liquido. «A 196 gradi sotto zero, così può fondere subito a contatto con la lingua che non si congela e non si anestetizza come con un gelato normale togliendo il sapore». Un cenno e a impreziosirlo gli gocciolano sopra uno Ximénez Murillo Riserva centenario. «Sono drogato del mio lavoro. Quando il lavapentole ha avuto un problema, ho lavato io per far andare avanti la brigata di cucina». Una missione? «Se vuoi creare, il lavoro deve diventare un'ossessione.

Ma Quando sono arrivato il proprietario mi ha avvisato: stai molto, ma molto attento. Non pensare di poter vivere come i tuoi clienti a cinque stelle lusso. Sai quanti chef lo fanno e poi chiedono l'anticipo dello stipendio dieci giorni dopo aver preso quello del mese prima?».

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