«Non chiedetemi di sociologia ma del Vangelo»

Sabrina Cottone

«Anch'io, vescovo, anch'io, prete... C'è qualcuno che mi ascolta? Perché non mi chiedete parole di Vangelo e sempre di cronaca, politica e sociologia? ». È un'omelia sulla carne quella dell'arcivescovo Mario Delpini in Duomo, nella Messa del 2 novembre dedicata ai defunti e alla vita oltre la morte. Eppure: «Gli uomini e le donne di questo nostro tempo, ma forse di tutti i tempi, hanno altro da pensare». C'è una vena di divertissement, di gaudente disperazione nella rappresentazione di Delpini: «Non parlateci della vita eterna, aiutateci a tirare avanti questa vita poca e tribolata; non parlateci del paradiso e delle sue gioie, lasciateci in pace perché possiamo divertirci e non pensare alla condanna a morte che incombe su di noi; con tutto quello che abbiamo da fare, non abbiamo tempo di pensare ad altro; preferiamo mille distrazioni a un pensiero serio, preferiamo infinite chiacchiere a una parola vera, preferiamo piccoli piaceri alla grande gioia».

Non è la resa: «Il Signore ci chiede di restare

testardi testimoni della Resurrezione». E poi: «La speranza della vita eterna non è una consolazione per chi non è più capace di vivere la vita quotidiana». Un brivido lungo la schiena di chi è lì, in Duomo, ad ascoltare.

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