Sabrina Cottone
Non studiano, non lavorano e in molti casi non accettano lavori sottopagati, al di sotto delle proprie capacità e del proprio curriculum. La Lombardia è la terza regione in Italia per presenza, in valore assoluto, di giovani che non partecipano a percorsi di istruzione o formazione e nemmeno stanno svolgendo un'attività lavorativa. Sono 239mila i Neet, dall'acronimo inglese che li identifica Not in Education, Employment or Training. Il dato Istat del 2016, tristemente noto, riguarda i Millennials, ovvero i nati dal 1982 al 2000. Ma c'è di più: secondo una nuova elaborazione dell'Osservatorio Giovani dell'Istituto Toniolo, la presenza di Neet rispetto agli anni precedenti alla crisi del numero di ragazzi che in Lombardia né studia né lavora è superiore alla media nazionale.
La ricerca è nata in collegamento con il «Fondo Diamo Lavoro», terza fase del «Fondo Famiglia Lavoro», voluto dalla Diocesi e gestito da Caritas Ambrosiana, che in questo terzo periodo intende occuparsi in modo specifico anche dei giovani e che sarà presentata oggi. I Neet che hanno concluso la scuola tra il 2007 e il 2016 sono cresciuti del +6,1% in Lombardia rispetto al +5,5% della media nazionale. Oltre tutto, nel 2007 partivamo da una percentuale di Neet sotto la media europea e invece adesso siamo sopra. Un dato sorprendente quello della Lombardia, considerato che la regione è ricca di università, centri di formazione e possibilità di impiego.
Com'è possibile questo divario? A illustrare i dati è il professor Alessandro Rosina, coordinatore del rapporto Giovani del Toniolo, oltre che ordinario di Demografia e Statistica sociale dell'Università Cattolica, dove è anche direttore del Laboratorio di statistica applicata alle decisioni economico aziendali. Rosina avanza due ipotesi che in parte si intrecciano: «La prima è che la Lombardia è una regione che attrae giovani che cercano opportunità e quindi i Neet delle altre regioni si spostano in Lombardia. Il secondo motivo è che le aspettative dei giovani lombardi tendono a essere più elevate rispetto al resto del Paese e quindi prima di accettare qualsiasi lavoro o fare un tirocinio tanto per ingannare il tempo, cercano un po' di più. I giovani con alto potenziale preferiscono mandare più curricula e non accettare un lavoro sottopagato». E nel frattempo? «In una prima fase rimangono a carico dei genitori, provano a capire come si muove il mercato, cercano di trovare lavoro nel proprio settore. Dopo sette mesi, un anno, o vanno all'estero o accettano un lavoro a condizioni inferiori alle loro aspettative».
Spiega ancora Rosina che è la crisi ad averli piegati.
Dal 2014, sia per l'effetto di Garanzia giovani che per altri motivi, la percentuale di Neet ha iniziato a diminuire, ma in maniera molto più modesta rispetto agli altri Paesi d'Europa: «Adesso il Paese è più in difficoltà ad affrontare il problema e questo vale in tutto il territorio nazionale. Ma la Lombardia dal 2007 a oggi si trova a essere peggiorata di più rispetto alla media nazionale e ancor peggio in rapporto con l'Unione europea. Non ha fatto meglio dell'Italia, ma anzi un po' peggio».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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