"Da Oberdan a Loreto la ciclabile è abusiva. Pronta una denuncia"

Per De Corato non è coperta da ordinanza Ieri ragazza investita in piazza Argentina

"Da Oberdan a Loreto la ciclabile è abusiva. Pronta una denuncia"

Ieri nel primo pomeriggio sulla pista ciclabile di che corre da corso Venezia a Buenos Aires una ragazza di 20 anni, in bici, è stata investita da un furgone in piazza Argentina. Per fortuna non si è fatta male, è stata portata in codice verde al Fatebenefratelli.
Continua a fare danni la contestatissima pista ciclabile, che nell'idea complessiva correrà da San Babila a Sesto San Giovanni, pensata e realizzata (a tratti) in una manciata di giorni. Danni a diversi livelli: viabilistico perché due giorni fa con la pioggia battente tutto l'asse lungo oltre 2, 5 chilometri era completamente bloccato per via della riduzione della carreggiata - teniamo a conto che le scuole sono chiuse e che la città non è tornata a regime - e del mancato coordinamento semaforico. Tradotto: da sincronizzare tutti i tempi lungo l'asse per smaltire il traffico. E amministrativo: non si tratta di finezze da tecnici, la pista, infatti, è pericolosa e abusiva. Il Codice della strada per le modifiche alla viabilità prevede, infatti, che prima venga emanata un'ordinanza viabilistica (dal 2001 firmata dal dirigente responsabile) e poi si possa procedere con l'adozione del provvedimento incaricando il settore del Comune competente, con il progetto complessivo, la planimetria, che poi viene passato all'ufficio tecnico per la realizzazione della segnaletica e dell'opera. Un progetto di questo impatto di norma richiede 5/6 mesi di studi tecnici: da tenere in considerazione non soltanto il tracciato della pista ma anche gli incroci e le svolte, gli attraversamenti e la riduzione al minimo della commistione con il traffico veicolare, la sincronizzazione dei semafori per le auto.

Ma tutto questo non è avvenuto: non è stato emanato nè l'ordinanza nè il provvedimento viabilistico definitivo (anche se la pista viene realizzata a scaglioni, in questo caso non si tratta di un cantiere che richiede un'ordinanza temporanea) nè è stato elaborato un progetto. In pratica: l'ordinanza viabilistica «copre» giuridicamente il Comune che è ente proprietario delle strade e quindi responsabile.

La pista, che è percorribile anche da monopattini elettrici, è anche tecnicamente pericolosa per via degli incroci e delle svolte, per i posti auto per disabili e per le aree di carico scarico merci, che rischiano di intralciare il passaggio di ciclisti e pedoni sui monopattini. Tuttavia la pista è piuttosto affollata, una cosa che piace a RealBaires, che riunisce i proprietari immobiliari rappresentati da Luigi Ferrario: «Certo, servono degli aggiustamenti, ma crediamo che la pista con il verde potrà arricchire il corso. I milanesi sono tornati ad affollare Buenos Aires, c'è tanta voglia di normalità e la nuova pista porta movimento e allegria».

Il problema fondamentale è che la pista è abusiva: fino a ieri pomeriggio, nel programma telematico del Settore Mobilità in cui vengono inseriti i provvedimenti viabilistici adottati, ordinanze e autorizzazioni non comparivano il provvedimento viabilistico nè l'ordinanza. La ricaduta pratica? Se c'è un incidente sulla ciclabile a risponderne anche penalmente è il Comune. E nel caso di un risarcimento danni, a pagare sarà il Comune, con il danno erariale conseguente. «Ci troviamo di fronte all'ennesimo pasticcio figlio della fretta di dimostrare che Milano con il Covid-19 sarebbe diventata città ciclopedonale. Per questo mi riservo, se non verranno date da Palazzo Marino risposte, di presentare un esposto alla Magistratura» annuncia l'ex vice sindaco ed assessore regionale alla Sicurezza e polizia locale Riccardo De Corato.

«La superficialità di tutto è poi confermata dai continui cambi di tracciati, come nel tratto che unisce piazza Oberdan con corso Buenos Aires. Nel frattempo- conclude De Corato- la petizione online da me promossa per dire no a queste piste ciclabili ha superato le 1.500 firme a testimonianza del fatto che la gente non ne può più di decisioni ideologiche».

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