Il dato è di quelli che spiazza. Eccolo: nei primi cinque mesi di quest'anno a Milano per ogni licenziato uscito dal mercato del lavoro, ci sono stati 10 nuovi avviamenti a tempo indeterminato. Quasi 60mila nuovi contratti (di cui il 70 per cento a tempo pieno) contro 6mila persone che nello stesso periodo si sono iscritte alle liste di mobilità. A fare il quadro è la Cgil che frena i facili entusiasmi. «Ingressi e uscite sono avvenuti negli stessi settori specie nel manufatturiero, nelle costruzioni e trasporti - fa notare Onorio Rosati, segretario della Camera del lavoro - Proprio quelli in cui si concentra la crisi e questo dimostrerebbe che c'è una sorta di svecchiamento del mercato. Con la triste conseguenza che alcune persone, specie quelle che hanno superato una certa età, non sarebbero quindi più appetibili». L'analisi fatta dalla Cgil arriva proprio nel giorno in cui è entrata in vigore la nuova legge sul mercato del lavoro. Obiettivo: verificare come potrebbe rispondere la piazza milanese. «La nuova legge indica come forme prevalenti di contratti da applicare quello a tempo indeterminato e, per i giovani, l'avviamento - spiega Rosati -. Due tipologie che qui in città sono in costante calo». Addirittura l'apprendistato riguarda solo l'1,5 per cento dei casi. «Se la legge vuole promuovere queste forme di contratti bisognerà trovare il sistema di incentivarle, perché il trend va esattamente nella direzione opposta. La realtà da cui partiamo è questa». Una realtà che vede un mercato ancora in crisi, dove nonostante i 60mila nuovi ingressi c'è uno zoccolo duro di iscritti alle liste di mobilità di oltre 24 mila persone ai quali si sono andati a aggiungere tra gennaio e maggio anche gli ultimi 6mila licenziati. Un quadro comunque incompleto perché non tutti coloro che perdono il posto si iscrivono alle liste. Tant'è vero che se posizioniamo le nuove assunzioni su una curva che prende in considerazione gli ultimi due anni, l'andamento dimostra che oggi siamo tornati ai livelli del 2010, quando la situazione non era proprio rosea. «Pesanti segni di incertezza», li definisce la Cgil che, riporta anche il dato del ricorso alla cassa integrazione rimasto praticamente inalterato. Se le imprese non avessero potuto fare ricorso a questo strumento secondo la Camera del Lavoro si sarebbero persi quest'anno altri 2mila posti di lavoro.
Ecco perché secondo loro è indispensabile che le strategie della Lombardia affrontino il problema dell'ingresso dei giovani ma anche di quelli che giovani non lo sono più e chi si trovano a perdere il posto. Magari ragionando sulla proposta avanzata da Alberto Meomartini, presidente di Assolombarda di trasformare gli ultimi anni di lavoro da un contratto full time a part time per agevolare i giovani.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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