Le ombre della camorra sul Carrobbio: nel mirino una pizzeria

I titolari di Donna Sophia: «Non c'entriamo C'è stato il controllo, ma lavoriamo sempre»

Luca Fazzo

Cosa succede nei locali pubblici milanesi? Dopo l'allarme del Comune sui flussi finanziari sospetti per 180 milioni di euro, e mentre tra polemiche e sospetti di cordate sotterranee si prepara l'apertura delle offerte per due spazi in Galleria Vittorio Emanuele, adesso scende in campo addirittura la Dia, la Direzione investigativa antimafia. Che punta il dito contro una pizzeria assai nota a Milano, a pochi passi dalle Colonne di San Lorenzo, accusando i titolari di essere diretta emanazione di un clan della camorra.

La pizzeria si chiama «Donna Sophia dal 1931», all'angolo tra il Carrobbio e Porta Ticinese, su Tripadvisor ha recensioni altalenanti ma complessivamente positive: e ieri sera era tranquillamente aperta. «Si, c'è stato un controllo - raccontano i gestori - ma ci hanno autorizzato a continuare a lavorare, sotto un amministratore giudiziario». Ma è vero che siete un'emanazione della camorra, come dicono i siti Internet? «I siti esagerano, posso assicurare che non è proprio così».

A quel che si comprende, a venire colpita da sequestro in base alle leggi sulle misure di prevenzione è stata la società che gestisce il locale, la Marass srl, che ha sede allo stesso indirizzo: e sul cui certificato camerale ieri effettivamente campeggiava la dicitura «in data 30/3/2017 è stato depositato decreto di sequestro preventivo dei beni», ovvero «della totalità delle quote della società e dell'intero patrimonio aziendale». Il provvedimento è firmato dal tribunale di Napoli e vede come destinatario principale Salvatore Potenza, nonché le quote possedute da Assunta Potenza e Martina Vitagliano, le due signore che si spartiscono in parti uguali il controllo della Marass.

Chi sono, i fratelli Assunta e Salvatore Potenza? Semplicemente, due dei tre figli di Mario Potenza detto «o' Chiacchierone», personaggio storico della malavita napoletana, prima contrabbandiere e poi usuraio, morto qualche anno fa mentre si trovava sotto processo insieme ad altri personaggi legati - secondo la procura antimafia di Napoli - al clan camorrista dei Lo Russo. Quando la polizia andò a bussare alla porta di Mario o'Chiacchierone, nel cuore del Pallonetto di Santa Lucia, trovò otto milioni di euro murati in una parete.

Alla morte del capostipite, i figli del vecchio Potenza sono accusati di essersi dati da fare per reinvestire in attività pulite il tesoro accumulato dal padre. Il decreto di sequestro del tribunale di Napoli riguarda conti svizzeri (quattro milioni, presso la Bsi di Lugano) e una sfilza di ventiquattro società, legate quasi tute alla ristorazione o a attività immobiliari, e tutte domiciliate al sud: con l'unica eccezione della Marass, quella della pizzeria di corso di Porta Ticinese.

A riprova del triste teorema per cui la piazza milanese è un passaggio obbligato per chi vuole cancellare le origini dei propri quattrini: qua di soldi ne girano così tanti, che cammuffare quelli sporchi diventa quasi facile.

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