Per rispetto verso l'uniforme che indossavano, e che forse non indosseranno mai più, sulla porta dell'aula non è stato affisso l'elenco con i loro nomi. I riguardi della giustizia nei confronti dei quattro poliziotti delle Volanti sotto processo davanti alla Corte d'assise si fermano qui. Nella sua requisitoria, il pm Gaetano Ruta dice che qualunque cittadino che avesse fatto ciò che hanno fatto loro, verrebbe condannato: «In quattro, in piedi, hanno tenuto fermo un uomo sdraiato a terra e lo hanno colpito». Vanno condannati dunque anche loro: unica attenuante, il loro stato di servizio, privo di macchie fino alla notte di giugno di tre anni fa in cui vennero chiamati in via Varsavia per quegli schiamazzi davanti a un bar.
Andò a finire con Michele Ferrulli, omone di 147 chili, stroncato da un arresto cardiocircolatorio. «Tempesta emotiva», «scarica adrenergica»: i periti hanno definito in vario modo le cause della morte, e che in italiano corrente si possono riassumere con l'agitazione, l'emozione, la rabbia per il brusco faccia a faccia con gli agenti. Lo sdraiarono a terra per ammanettarlo: e già qui erano dalla parte del torto, dice il pm, «perché la situazione era già risolta, la musica era stata abbassata, le luci spente, Ferrulli aveva buttato via la bottiglia che teneva in mano». Ma non si fermarono lì, e lo colpirono. Fu, dice Ruta, «violenza gratuita». Per questo vanno condannati: sei anni e otto mesi, cui si aggiungono quattro mesi per avere falsificato la relazione di servizio. Totale, sette anni.
É un processo complicato, questo per la morte di Ferrulli. Lui era un personaggio complesso, irascibile, a volte di gomito leggero, ma popolare ed amato nel suo quartiere di Calvairate. Di fermi movimentati quanto e più del suo, nelle notti movimentate della periferia milanese, ne accadono probabilmente con frequenza, senza che i poliziotti vengano nemmeno denunciati. Invece in via Varsavia qualcosa si ruppe nel circuito che legava cuore e cervello dell'omone, e quando arrivò l'ambulanza non c'era più niente da fare. La difesa dei quattro agenti ha cercato in ogni modo di sostenere che fu la conseguenza imprevedibile di una normale operazione di servizio. Ieri, la requisitoria del pm si attesta su due pilastri. Il primo, la certezza che Ferrulli venne colpito: lo dimostrano i filmati, e ancor a più chiaramente le registrazioni audio, la voce «che grida aiuto, aiuto, aiuto, la testa basta». Il secondo, che i poliziotti potevano mettere in conto le conseguenze tragiche del loro abuso di potere. «Ci vuole poco - dice il pubblico ministero - per capre che se in quattro butti una persona a terra puoi fargli molto male. Nel ventaglio delle ipotesi la conseguenza mortale era da tenere in considerazione.
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