Se ne stanno tutti lì, mentre fuori su Milano scendono le tenebre, in un corridoio che porta alle stanze degli investigatori: come si sta in un anticamera di obitorio. Gli uomini sono tutti vestiti di nero, e uno carezza piano la testa di mamma Rosa, seduta su una panca, così piccola che i piedi non toccano terra. É l'immagine crudele di una madre che in tre giorni ha perduto due figli. Ma questo gruppo di famiglia in un interno racconta qualcosa di più del dolore. Racconta - nel linguaggio dei corpi, nel circolo chiuso di uomini a protezione della vecchia signora - la paura.
Eccoli qua, gli ultimi Tatone. Rosa, la matriarca, e Mario, il sopravvissuto a una guerra iniziata di colpo, ma che forse di colpo non finirà. Se domenica, quando gli hanno ammazzato Emanuele, il più fragile dei suoi figli, poteva avere ancora qualche dubbio, adesso mamma Tatone non può più averne. Perché l'assassinio di Pasquale - duro, concreto, operativo - le suona come un annuncio brutale: la vostra epoca è finita. I Tatone hanno chiuso. E solo chi tira le fila di questa guerra deciderà se ai superstiti verrà data la possibilità di arrendersi.
Gli investigatori li hanno convocati d'urgenza, ieri pomeriggio, con il corpo di Pasquale ancora irrigidito in un frigorifero dell'istituto di medicina legale, accanto al cassetto che ospita suo fratello. Interrogatorio obbligato, e risposte obbligate. Cosa sapete, come ve lo spiegate? Non sappiamo nulla e non sappiamo spiegarci nulla. Altre risposte mamma Rosa e Mario non avrebbero potuto darne, né gli investigatori se ne aspettavano. Sanno qualcosa, hanno sospetti, la madre e il fratello degli uccisi? Sì, probabilmente sì. In un microcosmo criminale come Quarto Oggiaro, una faida del genere non parte senza preavviso. Ma se oggi i Tatone raccontassero alla Mobile i loro pensieri, renderebbero la loro situazione ancora più critica di quello che è.
Nel giro di tre giorni, Mario Tatone e sua madre hanno dovuto bruscamente prendere atto che la realtà è diversa da come se la immaginavano. Credevano di essere intoccabili: non per il loro passato ormai remoto di clan potente e temuto, ma per il loro presente di vassalli dei veri signori di Quarto Oggiaro, quelli che dal carcere continuano a governare sul quartiere oltre il cavalcavia. Ai boss in carcere, i Tatone garantivano fedeltà assoluta e sostegno economico. In effetti, nella Quarto Oggiaro di una volta questo sarebbe bastato a garantire loro vita serena, perché attaccare loro avrebbe significato lanciare un guanto di sfida ai padrini. Solo un pazzo poteva fare una cosa del genere.
Invece il mondo è cambiato, Quarto Oggiaro è cambiata. La raffica di colpi che mercoledì sera ha fulminato Pasquale Tatone racconta che non basta la sudditanza ai boss per essere sicuri. Fuori da via Lopez, nelle vie del quartiere, si muove qualcuno che se ne frega dei vecchi equilibri. Forse per eliminare i Tatone ha chiesto un permesso ai signori in carcere. O forse ha inteso avvisare anche loro che la musica è mutata.
D'altronde, come sarebbe stato possibile, nella vecchia Quarto Oggiaro, che siciliani e calabresi si riducessero a comprare droga dagli zingari? E invece negli anfratti di verbali ormai pubblici c'è il racconto di Emanuele Paternoster, un balordo irregolare e scavezzacollo, che evoca la figura quasi da film di «Omar», capo rom del campo di Baranzate, cui famiglie di rispetto del quartiere si rivolgono per comprare armi e cocaina. Segno dei tempi. E dagli zingari non ci si può aspettare che rispettino le regole. Neanche quelle della malavita.
Mario Tatone e sua mamma Rosa ritornano a Quarto Oggiaro che è quasi notte.
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