Un orto planetario per l'estate dell'Expo

È il cuore di 5 mostre della Triennale allestite in due padiglioni smantellati

Sabrina Cottone

C'è un'Expo dopo l'Expo, che è un modo di far tornare in vita ciò che è stato e mantenerlo ancorato alla città. Le cinque mostre del progetto «City After the City», allestite per la Triennale Design After Design, saranno visitabili gratis a partire dal 27 maggio, ogni venerdì, sabato e domenica fino al 30 settembre. Per tutta l'estate sarà possibile frequentare gli spazi verdi dell'Expo, visitare le mostre e l'orto urbano, cenare sotto il pergolato nei ristorantini che richiamano il titolo dell'Expo «Nutrire il pianeta. Energia per la vita». Non è la destinazione finale dell'area, ma quella che con assonanza a Expo è stata ribattezzata «Experience», «rEState a Milano».

Le cinque mostre espongono cinque tensioni, cinque inquietudini dell'oggi e sono ospitate in due padiglioni di servizi smantellati. A collegarli un grande «orto planetario», tremila metri quadrati che sembrano un giardino, in una scelta che è filosofia del progetto. Spiega l'ideatore, Pierluigi Nicolin: «Non abbiamo improvvisato una teoria ecologista, ma abbiamo cercato di fare dell'estetica dell'orto l'estetica del giardino. Questo è un messaggio anche ai luoghi comuni milanesi, italiani, a chi pensa che l'orto è una roba che fa un pensionato lungo la ferrovia. In giro per il mondo c'è un movimento mondiale importantissimo sull'orto urbano che pretende di cambiare l'idea della città, ma cambiare nell'estetica, non solo produrre in vicinanza, ma di alimentare estetica e sopravvivenza ad un tempo. In poche parole, gli orti urbani sono l'invenzione delle classi povere del giardino».

Urban Orchard, a cura di Maite Garcia Sanchis, è una delle cinque mostre, dedicata proprio a questo tema forte. «L'orto è il sintomo di un nuovo modo di usare gli spazi della città» racconta l'illustratrice. In mostra foto e reperti del primo orto comunitario cittadino, sorto nel 1973 in Bowery Street a Manhattan. L'esposizione illustra anche il Guerrilla gardening, il giardinaggio d'assalto in cui seminare in terreni incolti e aree dismesse è un modo di far rivivere la città.

Le altre mostre sono Landscape Urbanism, curata da Gaia Piccarolo, gigantesche immagini di paesaggi urbani di tutto il mondo che scorrono come luogo di inquietudine, di «oltrepassamento». C'è poi Expanded Housing, di Matteo Vercelloni, dove il sintomo è questo design che vuole forzare gli spazi stretti. Street Art di Nina Bassoli è dedicata all'arte di strada.

Qui l'intenzione di avere mostre sensoriali ed esperienziali è resa concreta dalla possibilità, per il visitatore, di portarsi a cara poster di arte di strada. People in Motion di Michele Nastasi è dedicata al sintomo più appariscente del nostro tempo: la fatica delle migrazioni.

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