Via Padova, integrazione fallita Così la sinistra ha perso la città

La giunta Pisapia aveva scommesso sulla strada ad alta densità di stranieri Ma il progetto è naufragato. E anche le altre periferie sono state dimenticate

S i sa che il voto per le elezioni amministrative è in parte di schieramento, ideologico anche oggi, nonostante il pessimo stato di salute delle ideologie novecentesche e in parte pragmatico. Espresso, cioè, in relazione ai problemi reali della città. È evidente, dunque, che per gente concreta come i milanesi questa seconda componente del voto finisce per prevalere sulla prima. È così, infatti che si spiega il clamoroso 5 a 4 con cui il centrodestra ha riconquistato la maggior parte delle 9 Zone, oggi Municipi, che durante il quinquennio arancione sono state tutte governate dal centrosinistra. Fedeli al quale sono rimasti il centro storico - tradizionale riserva di quella che i francesi chiamano gauche caviar, la sinistra al caviale e i Municipi con i quartieri più «borghesi», eleganti e di moda come Venezia, Sempione, la vecchia Fiera oggi City Life, i Navigli.

E il motivo è molto semplice: da quelle parti gli elettori possono permettersi un voto più ideologico perché per quei quartieri, già tradizionalmente più accuditi, l'amministrazione arancione ha mostrato un'attenzione e una cura che non ha dedicato ad altri, nonostante anni di retorica propagandistica sul «riscatto delle periferie», sulla «lotta al degrado» e sulla «attenzione ai problemi della gente». Già, la famosa «gente»: quella che vorrebbe vedere più vigili e magari anche qualche soldato per le strade, che chiede una lotta senza quartiere alla occupazioni abusive, che ogni giorno registra un furto in appartamento (ultimamente i più modesti sono preferiti dai ladri perché meno protetti) o uno scippo, o un'aggressione in strada, che ogni trenta metri incontra un accattone o un venditore di merce contraffatta: insomma quella gente lì, la gente normale.

A costoro il sindaco Giuliano Pisapia e compagni hanno fatto tante promesse e basta. Il caso più significativo di questa frustrazione conseguenza di promesse non mantenute è probabilmente quello di via Padova. Doveva essere un modello per tutta la città, se non per tutto il Paese, di integrazione multietnica nella sicurezza e nel decoro: obbiettivo fallito clamorosamente. Di integrazione della cinquantina di etnie presenti in quasi 4 chilometri di strada, non si parla più ma in compenso si pensa di realizzare proprio li una bella moschea.

Quanto al miraggio della riqualificazione e lotta al degrado, basta entrare nei cortili e negli androni di certi fatiscenti edifici e, trovando coraggio necessario, salire una paio di rampe di scale, per rendersi conto che rifare un fondo stradale e sistemare qualche cordolo di marciapiede non basta per restituire vivibilità e decoro ad un quartiere. Considerazioni amaramente analoghe si possono fare per certe vie di Baggio o di Dergano o per Quarto Oggiaro. Si tratta dei più clamorosi esempi del fallimento della giunta Pisapia proprio sul terreno che dovrebbe essere più caro alla sinistra: quello del riscatto delle aree del disagio e della emarginazione.

Per il candidato Stefano Parisi e per la coalizione che lo sostiene, comunque, da questo clamoroso 5 a 4 si può ricavare qualche utilissima indicazione per il ballottaggio (ma anche per una nuova politica del centrodestra non solo milanese).

Se il voto nei Municipi è il più indicativo delle esigenze reali degli elettori perché dettato dai problemi concreti e quotidiani della loro vita nella città, per conquistare quei voti è necessario prestare la massima attenzione a questi problemi concreti e a queste esigenze, anche minute. Che non significa certo trascurare i grandi disegni per la città e i progetti qualificanti. Basta non trascurare, non dimenticare la vita di tutti i giorni della gente normale.

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