Il padre dell'«Urlo di Tarzan»? È un collezionista di 77 anni

Il padre dell'«Urlo di Tarzan»? È un collezionista di 77 anni

Siamo entrati nella striscia di un fumetto del 1974. «Una galea romana... Primo rematore: Non sei né romano, né africano. Cosa fai qui? Secondo rematore: Sono stato rapito mentre esploravo le scarpate Wiram-Wazi. Mi chiamo Gino Moscati».
Il primo rematore è Tarzan. Il secondo è Camillo Moscati, detto Gino, un silente signore di settantesette anni in ciabatte nello studio di via Tolentino, dove, in mezzo a una giungla di libri, laser disc - prototipo americano mai conosciuto in Italia del dvd - e foto autografate, tra cui una di George Simenon, oggi continua a condurre la sua vita di collezionista doc, e il doc lo si respira nel fatto che, nonostante la quantità d'oggetti, nella stanza non giace un granello di polvere. Tutto è nuovo, come scritto ieri. Esce da qui il materiale che dal primo al 23 settembre compone la mostra «L'urlo di Tarzan. La leggenda compie cent'anni!» al Museo del Fumetto in viale Campania.
«Fu proprio Russ Manning, l'indimenticabile disegnatore, a volermi immortalare in una delle avventure di questo eroe ecologico, in Italia un po' sbiadito e demodè, ma ancora molto vivo in Francia e in America per il suo spirito naturista». E anche per quel grido che da Johnny Wertmuller, il campione di nuoto che raggiunse la piena fama grazie all'interpretazione dell'Uomo scimmia, fino a Raimondo Vianello, ha rappresentato una ludica vocalizzazione di libertà.
Ha vissuto in silenzio Camillo Moscati, partendo con una fisarmonica da Santa Lucia di Serino in Irpinia nel 1951 e da una nobil dimora degli avi di ventiquattro stanze, per giungere a Milano. Fa la maschera al cinema-teatro Smeraldo, dove una sera incontra tre ragazzi: un ballerino e due imitatori di Jerry Lewis e Dean Martin, pregandoli di presentarli al proprietario del cinema, il senatore Longoni. Il ballerino si chiamava Dossena, gli altri due: Adriano Celentano e Tony Renis.
L'attrazione per Tarzan inizia negli anni '60. «Nei risvolti di copertina del giornalino «L'Intrepido» l'editore Cino Del Duca pubblicava il fumetto. Iniziai a confrontare le edizioni italiane a quelle americane e mi accorsi che la traduzione non era fedele. Carta e penna: stilai le mie rimostranze alla Erb Company. Intanto avevo aperto il mio negozio di libri antichi a Rho, il «Cartoon Museum». Un giorno arrivò mister Hodes direttamente da Tarzana in California. Era il vicepresidente della Erb. In men che non si dica tolse i diritti a Cino del Duca per passarli alla casa editrice Cenisio. Questo fatto mi permise di conoscere tutti i disegnatori, da Foster a Maxon, Hogart, Celardo, ma soprattutto di iniziare una conoscenza profonda con Manning. Era un uomo riservato, ma a poco a poco la nostra divenne un'amicizia. Quando corse per la campagna elettorale che doveva portarlo a fare il governatore della California mi volle vicino a sè. Purtroppo la morte lo raggiunse poco dopo. Prima di andarsene mi donò un pacco di suoi disegni inediti che saranno in mostra».
Quanti ricordi può proteggere un collezionista? «Non lo so. Sono stato un collezionista da quando sono sceso dal seggiolone». Sa di Tarzan questa discesa dal trespolo in legno dell'infanzia per passare da una liana all'altra: da un vecchio fumetto a un libro antico, da una parte guarda il caso in un film come «Bingo Bongo», in cui Moscati recitò chiamato da quel ragazzo dello Smeraldo, Celentano, alle sceneggiature scritte per la tv. Fino al recente ringraziamento donatogli dal premio Oscar Kevin Brownlow per uno spezzone inedito di Buster Keaton regalatogli da questo milanese ritirato. Un braccio di quell'Oscar è anche di Moscati.
Nel 2000 un camion che riportava molte delle collezioni da Ancona, dove erano state per una mostra, a Milano viene rubato. Il bottino del formicaio di via Tolentino subì un duro attacco. «Non ritrovai più nulla» confessa ancora tristemente. Si salvò quello che riguardava Tarzan, perché non era su quel camion. Così per i cento anni del fusto in costume leopardato, nato nel 1912, le raccolte di Camillo Moscati vengono alla luce proprio a Milano. Azzardiamo un urlo? Sorride il custode di Tarzan. «Sono vecchio e mi sono appena fatto male ad una gamba».

Ma l'urlo è scritto nei suoi occhi che non si sono stancati di scrutare nella giungla del passato, come testimonia la raccolta delle storie di «Fantomas» acquistate su una bancarella. L'urlo del collezionista sta nel dare voce a vecchie voci che si rifiutano di morire. «In effetti - conclude - la morte è la mia più grande avversaria. Penso a lei tutte le notti».

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