«Padre-padrone» finisce in carcere: picchiava la moglie e insidiava la figlia

Per anni aveva tenuto l'intera famiglia, moglie e due figli ventenni, in una specie di incubo, tra sbronze, botte, ricatti, tentativi di violenze sessuali. Tutto rigorosamente tenuto nelle mura domestiche, perché quando i parenti passavano a pranzo, sembravano il modello della felicità. Un inferno a cui hanno posto fine gli agenti del commissariato Greco-Turro, diretti da Massimo Cataldi, che hanno arrestato Stefano V., di 46 anni.
Il padre-padrone abitava con la moglie, 42 anni, un figlio di 22, una figlia di 20 e uno di 2 in un appartamento nei pressi della stazione Centrale. Lui era in cassa integrazione da dicembre, mentre lavorano sia la moglie sia i ragazzi, quindi la situazione economica sarebbe stata più che dignitosa. Terribile invece quella affettiva. L'uomo beveva e quando era ubriaco diventava una bestia: minacce, ricatti e feroci pestaggi. In un'occasione arrivò persino a far sputare tutti i denti alla moglie, rimasta sempre in silenzio, come spesso capita in queste situazioni. E più di qualche volta, a salvarla da conseguenze peggiori, erano i vicini che minacciavano di chiamare il 113. E poi anche mani addosso alla ragazza, spiata in bagno, molestata sessualmente, sottoposta a terribili pressioni. Tanto da costringerla a lasciare il fidanzatino. Mentre al figlio maschio si limitava a prendere tutti i soldi della busta paga, con la scusa che doveva contribuire alle spese. Esasperati, a gennaio i ragazzi escono di casa. E lui si vendica con una lettera al datore di lavoro della giovane in cui praticamente le dà della sgualdrina.
A casa rimane solo la moglie in balia delle sue furie.

Tra ricatti («Ti porto via il figlio» il più frequente) e aggressioni che portano due interventi delle forze dell'ordine in rapida successione il 27 giugno e il 4 luglio. I rapporti finiscono dal pm che attiva il commissariato, la moglie è affidata a un fratello che vive fuori Milano, vengono sentiti i figli e i vicini e l'altro giorno scattano le manette. L'incubo è finito.

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