Luca Fazzo
Avrà anche passato in cella venticinque anni consecutivi, ma questo non è motivo sufficiente a ritenere che non sieda ancora ai vertici della 'ndrangheta al Nord. Per Rocco Papalia, l'ormai anziano patriarca della famiglia omonima, i grattacapi con la giustizia sembrano non dover finire mai. Nell'ottobre scorso la Corte d'appello gli aveva tolto la qualifica di «sorvegliato speciale», e per 'ngino Rocco - vecchio soprannome di Papalia - era sembrato il segno del rientro nel mondo dei «normali». Senza più il marchio di sorvegliato poteva andare e venire di giorno e di notte dalla sua casa di Buccinasco, e incontrare finalmente chi gli pareva. Ma la Procura generale aveva fatto ricorso. E ieri la Cassazione ha annullato quella sentenza.
Per la Corte d'appello, non c'era traccia di un rapporto ancora in corso tra Rocco e la mafia calabrese: «Il giustizio di persistenza della pericolosità sociale è ancorato a rapporti di parentela e affinità, in sé non certo sufficienti; e non dimostrata è la presunzione di prosecuzione dei rapporti criminali». Nel suo ricorso, il sostituto procuratore generale Laura Barbaini aveva invece sostenuto che a carico di Papalia non c'erano solo il suo cognome e il suo passato, ma elementi concreti e attuali: quando era in carcere a Nuoro, e secondo gli educatori dava segno di reinserimento, continuava a incontrare suo genero Salvatore Barbaro, «successore di Rocco Papalia nel gruppo mafioso», parlando con lui di lavoro e di affari. E poi manca da Rocco «qualsiasi manifestazione di recesso dal gruppo di appartenenza».
La
Cassazione accoglie il ricorso e ordina un nuovo processo. Unica consolazione per Papalia: a sostenere l'accusa contro di lui non sarà più Laura Barbaini, silente e coriaceo magistrato che se ne va in pensione il mese prossimo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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