Patto nel centrodestra «L'alleanza in Regione anche per il Comune»

Nel vertice di maggioranza siglata l'intesa tra tutti i partiti Slitta il rimpasto al Pirellone

«A quest'attacco noi rispondiamo non difendendoci ma attaccando. Non solo con una mozione di fiducia verso la giunta rgionale, ma anche riproponendo che il modello della Regione è quello che vogliamo per Milano». Roberto Maroni, alla fine del vertice di maggioranza, rilancia il suo «patto per Milano» nato dall'incontro con tutti i consiglieri di maggioranza e con i coordinatori dei partiti, dall'azzurra Mariastella Gelmini ad Alessandro Colucci di Ncd.

Nonostante la bagarre giudiziaria, anzi proprio come risposta all'inchiesta che ha sconvolto i palazzi della Regione, Forza Italia, Lega, Lista Maroni e Ncd replicano con un documento comune, firmato da ogni singolo consigliere, che difende il buongoverno della Lombardia. E lo rilancia come modello per il futuro, come governo che «si candida di diritto a costituire una proposta politica adeguata per le amministrazioni territoriali che andranno al voto nella prossima tornata amministrativa, a cominciare dal Comune di Milano».

Un documento firmato e sottoscritto da tutti i consiglieri, pur con qualche mugugno di Riccardo De Corato e Massimiliano Romeo che si è concretizzato nella postilla «valutando le condizioni politiche». Ma insomma è chiaro che oggi tutti sono concordi a sostenere la maggioranza che regge la Regione anche per Palazzo Marino e che la postilla è più una clausola di salvaguardia per i picccoli comuni dove le faide interne sono troppo violente per partorire un candidato comune.

Nessuna decisione è ancora stata presa per sostuire il vicepresidente Mantovani e nominare l'assessore al Welfare. L'ipotesi Fabrizio Sala (o Alessandro Sorte) come numero due e Giulio Gallera alla Salute, caldeggiata da Mariastella Gelmini, è rimasta in stand by . Oltre tutto, altre forze di maggioranza, tra cui la Lega (che spinge per Angelo Ciocca) e Ncd (che chiede compensazioni), sottolineano come il Welfare sia ben più corposo della Salute e quindi non si può procedere a un semplice avvicendamento. Anche per questo Maroni ha preso ancora tempo. «Decidero entro la prossima settimana» ha detto il governatore. Ovvero, più o meno a fine mese.

Maroni, durante la riunione, ha sottolineato che in questa nuova fase che si apre vuole sia un vicepresidente politico (cosa per altro prevista dallo Statuto) che un assessore al Welfare politico. «Ma non intendo applicare il manuale Cencelli, anche perché altrimenti la Lista Maroni, che ha dieci consiglieri, non avrebbe soltanto un assessore...» dice il presidente. Con un identikit: «Voglio un assessore capace, competente e onesto. E un vicepresidente molto forte, che ha un bel carattere, una persona grintosa». Priorità: «Quando avremo deciso l'assessore al Welfare, decideremo il vicepresidente».

Il cambio di rotta dal tecnico al politico è arrivato dopo l'apprezzamento alla riforma da parte del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. Nella lettera a Maroni, il ministro dice che la legge è «difforme» ma non l'ha impugnata perché la considera così «avanzata» da ritenerla una «sperimentazione», con l'obiettivo, se funziona, di «estendere il modello lombardo a tutte le altre Regioni».

Da qui il ragionalemnto di Maroni: «Non mi serve più un tecnico, ma uno che abbia visione e che sappia cogliere l'innovazione contenuta nella legge. Voglio che la guida del nuovo assessorato al Welfare, ruolo difficile perché deve attuare la riforma, debba essere una guida salda, che conosce bene la riforma». A giorni i nomi.

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