Pd e 5Stelle danno Milano ai salviniani

Pd e 5Stelle danno Milano ai salviniani

Che Pd e 5 Stelle avrebbero ingoiato (vedremo se anche digerito) qualunque cosa in nome della pagnotta, era scontato fin dall'inizio della crisi più pazza del mondo. Perché una poltrona da ministro, ma anche da parlamentare, valgono bene la figura di palta di trasformare il partito di Bibbiano in un promesso sposo o l'incompetenza dei grillini in uno strabismo che, diventato di Venere, si riscopre irresistibile. Un matrimonio che, come tutti quelli di interesse, rischia di durare molto più di quelli d'amore. Perché dopo aver perso Liguria, Friuli, Piemonte, Trento, Bolzano, il Molise, la Basilicata e la Sardegna oltre alle politiche e alle europee, il Pd si guarderà bene dal chiedere elezioni. Ma la democrazia è quella cosa che, volenti o nolenti i Palazzi, prima o poi apre le urne. E allora le manovre dei poltronisti poco serviranno. Nessun dubbio, per rispondere a chi esulta per il governo più rosso dell'era repubblicana, che in una democrazia parlamentare i governi li si faccia appunto in parlamento e che la Costituzione auspichi che alle urne si vada ogni 5 anni e non ogni 5 mesi. E che dunque il governo Conte (bis o 2.0) sia legittimo. Ma cosa dirà chi oggi applaude, dell'inevitabile lievitare del consenso di Salvini, soprattutto se tornato alla casa madre di un centrodestra unito nel rito berlusconiano dell'armonia dei diversi? Facile prevedere che già nelle vicine amministrative farà il pieno; con il paradosso di un Paese guidato da sindaci e governatori di quella coalizione a guida Lega che dal governo è stata espulsa con una manovra di Palazzo. Forse anche internazionale.

Ma siccome nella fisica della politica a un'azione violenta del potere segue sempre una reazione ancor più violenta del popolo sovrano, che ne sarà di Milano dove presto si sceglierà il sindaco? Con un Salvini disoccupato è facile immaginare chi potrebbe essere uno dei due candidati forti. E forse anche il vincitore.

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