A completare il catalogo ornitologico ora in Regione spuntano le «colombe anomale». Quelle con gli artigli, pronte «a stemperare il clima, a tenere il gruppo del Pdl unito», ma senza cedere sulla richiesta di contare di più. Non è un mistero, infatti, che il maremoto che sta sconvolgendo i Palazzi romani sia arrivato in Lombardia con onde anomale che qualcuno ora vuole cavalcare. Per calibrare i rapporti di forza dentro al partito e ridisegnare gli organigrammi. A cominciare da quella curiosa diarchia che vede il capogruppo ciellino Mauro Parolini riequilibrato dal mantovaniano co-capogruppo Claudio Pedrazzini. Una convivenza da separati in casa a cui qualcuno ora vorrebbe dare una spallata eliminando Pedrazzini. Magari anche per dare un segno al coordinatore regionale Mario Mantovani.
In prima linea nella fronda si schiera il coordinatore cittadino Giulio Gallera che insieme all'esponente dell'area socialista Alessandro Colucci aveva organizzato quella manifestazione in sostegno di Berlusconi all'Auditorium della Provincia che poi il destino ha voluto si trasformasse nella prima uscita ufficiale della neonata Forza Italia. E Colucci è il figlio di quel Francesco Colucci che è stato uno dei senatori a seguire Roberto Formigoni nella lista dei «dissidenti» che ha fatto deragliare il Pdl fino al voto di fiducia al governo Letta. E Formigoni è il punto di riferimento del presidente del consiglio regionale Raffaele Cattaneo che appoggerebbe Gallera e Cattaneo nella raccolta di firme per sostituire Pedrazzini alla testa del gruppo. Un Cattaneo che però non sembra convincere tutta la squadra ciellina dove Stefano Carugo, Luca Del Gobbo e Angelo Capelli (che non vorrebbe perdere il coordinamento provinciale a Bergamo) sembrano più intenzionati alla trattativa che al regolamento di conti. Più allineato su Cattaneo sono Carlo Malvezzi e Mauro Piazza.
Di ieri il duro attacco di Gallera, si dice appoggiato dagli ex ministri Paolo Romani e Mariastella Gelmini, che in un'intervista ad Affaritaliani.it ha denunciato il «grave scollamento» tra la delegazione del Pdl in giunta guidata dal vice presidente Mantovani e il gruppo in consiglio regionale. Un chiaro attacco a Mantovani, catalogato tra i «falchi» e che potrebbe essere costretto a rimettere in discussione il ruolo di coordinatore regionale. Certo prima bisognerà vedere se a Roma ci sarà una ricomposizione del partito che accetterà le condizioni di Alfano e Formigoni, o la scissione. Perché a quel punto il marchio «Berlusconi presidente» rimarrà interamente in mano all'ala rigorista guidata dai corazzieri berlusconiani Denis Verdini e Daniela Santanché. In caso di separazione un fomigoniano assicura che in Regione sarebbero già «almeno 12 i consiglieri pronti a formare un nuovo gruppo per seguire Alfano e Formigoni».
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