Avanti piano, quasi indietro. Perché quando si tratta di tagliarsi antichi privilegi, la casta si muove circospetta e senza fretta. E così anche il gruppo di lavoro guidato dal presidente del consiglio regionale Raffaele Cattaneo e convocato ieri al Pirellone per occuparsi dei vitalizi d'oro incassati da ex presidenti, assessori e consiglieri, ha preferito impugnare il cesello anziché la scure. E il risultato è stato solo il passaggio dalle precedenti quattro ipotesi di taglio a due. Nel mirino le 222 «indennità differite nel tempo» (170 ai titolari e 52 di reversibilità assegnate a vedove o familiari di politici già deceduti) che costano ogni mese 536mila euro che salgono a 620mila se si considerano anche i parenti. Un salasso a cui già la legge numero 13 del 2011 che ha ridotto le indennità e abolito gli assegni vitalizi e le indennità di fine mandato dei consiglieri regionali ha posto rimedio a partire dalla decima legislatura, ovvero dal marzo 2013. Ma che non vale per il passato.
Sul tavolo ora ci sono la proposta di posticipare dai 60 ai 66 anni l'età di ricezione del vitalizio. E poi il bivio. O dividere in tre scaglioni i vitalizi con un primo fino a 2.500 euro mensili, il secondo fino a 4mila e il terzo fino a 6.200 (tetto massimo per la Lombardia) e decurtarli rispettivamente dell'8 per cento, del 10-12 e del 16, oppure calcolare la sforbiciata sul rapporto tra i contributi versati e i soldi gia incassati. Con un'oscillazione dei tagli tra un minimo del 5 a un massimo del 25 per cento per chi abbia superato la somma versata. Esclusa l'ipotesi di un taglio lineare del 10 per cento a tutti. «Tutte le soluzioni - ha spiegato Cattaneo - devono portare a una soluzione che regga ai probabili ricorsi che arriveranno da chi sarà colpito». E così alla prossima riunione del 5 febbraio saranno anche ascoltati i rappresentanti dell'Associazione degli ex consiglieri regionali per cercare di formulare un progetto di legge che stabilisca le nuove regole.
Un brutto colpo per il più fortunato degli ex, Luciano Valaguzza entrato in consiglio nel 1985 con lo scudo della Democrazia cristiana e transitato nel 1998 sotto la bandiera di Forza Italia: per lui un assegno mensile di 6mila 319 euro lordi a partire dal luglio del 2005. Già quasi 650mila euro incassati a fronte di soli 274mila di contributi versati. Non male anche i 5.498 euro lordi presi dall'ottobre 2010 dal «verde» Carlo Monguzzi, quattro legislature più l'assessorato all'Ambiente quando presidente era Fiorella Ghilardotti. Ma nel suo caso i contributi versati sono stati 433mila euro, contro i circa 200mila già incassati. Ma tra i beneficiati ci sono l'ex tesoriere leghista Alessandro Patelli, accusato di aver ricevuto una mazzetta da 200 milioni di lire nella maxitangente Enimont: per lui un vitalizio di 3mila 686 euro mensili. Per il primo presidente della Lombardia Piero Bassetti l'assegno è di 2mila e 391 euro lordi al mese, per l'ex vicepresidente socialista Ugo Finetti 2mila 878 euro, per gli ex presidenti Giuseppe Guzzetti (1979-'87) e Giuseppe Giovenzana (1989-'92) rispettivamente 4mila 782 euro e 2mila 368. Tra i consiglieri l'ex leader del Movimento studentesco Mario Capanna eletto dal '75 all'80 il cui assegno è di 3mila 159 euro al mese.
Capitolo a parte quello dei dirigenti regionali per i quali non ci sarà riduzione di stipendio, ma solo una limatura del 10 per cento al tetto massimo. Fissato a 270mila euro all'anno.
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