Pisapia boccia Pisapia: "Basta, non mi ricandido"

Il sindaco scioglie la riserva e toglie il disturbo. "Il successore? Le primarie non sono un totem"

Pisapia boccia Pisapia: "Basta, non mi ricandido"

«Dai Giuliano, libera Milano». Detto e fatto. Pisapia interpreta in modo nuovo lo slogan dei comitati arancioni in campagna elettorale. Allora doveva sgomberare il centrodestra da Palazzo Marino. Oggi, addirittura con un anno di anticipo, annuncia che toglierà il disturbo senza tentare il bis. É quanto gli chiede ogni giorno l'opposizione. La promessa è arrivata a sorpresa ieri, e ha allargato immediatamente le crepe tra Pd e la sinistra. Alle 17 e qualche minuto, in una conferenza stampa convocata d'urgenza a Palazzo Marino (e che ha sorpreso anche assessori e alleati), il sindaco rivela che non si ricandiderà nel 2016. Premette di «non aver mai ricevuto pressioni ma anzi attestati di stima», di «non aver mai parlato con nessuno a livello nazionale», ma dagli ultimatum partiti già qualche mese fa dal Pd renziano alle toto-candidature alla successione di questi giorni, gli inviti a «liberare» il campo erano tutt'altro che subliminali.

In jeans e pullover, Pisapia arriva in sala giunta accompagnato dalla moglie Cinzia Sasso: «Da mesi leggo notizie che mi riguardano, scenari spesso veritieri e altri infondati, illazioni. Oggi - spiega - ho ritenuto di comunicare ufficialmente che non mi ricandiderò». Per il centrodestra è un'ammissione del fallimento. Certamente è una grande fuga mai vista da un sindaco, a un anno e due mesi dalla fine e a meno di 40 giorni da Expo. Prova a cavarsela rimandando alle parole del 2010_ «Già durante le primarie dicevo che avrei fatto un solo mandato, non è una decisione clamorosa e non deriva da stanchezza ma solo da coerenza politica. Nessuno è indispensabile e non sono mai stato attaccato alle poltrone. In città è maturata una classe dirigente progressista capace di governare». Si sono già fatti in questi mesi i nomi dell'assessore Pierfrancesco Majorino o del vicesindaco Ada Lucia De Cesaris, pescando all'interno della squadra, da fuori potrebbero arrivare la deputata renziana Lia Quartapella, o il senatore Emanuele Fiano. Pisapia si sfila: «Non sto pensando adesso ai candidati, sarebbe la cosa più sbagliata in assoluto. Ora serve parlare del progetto, cioè se si vuole continuare, come credo, a mettere insieme realtà diverse». Per la prima volta però sostiene che le primarie «non sono un totem, ultimamente hanno perso un pò di credibilità» e viene immediatamente dopo riportato all'ordine dal segretario Pd Pietro Bussolati («nessuno pensi di fare caminetti della società civile o bypassare le primarie»). Esclude invece «nella maniera più categorica», sulla base del confronto che ha «avuto anche in questi giorni con i rappresentanti della coalizione» che a Milano si possa replicare l'alleanza tra Pd con ala centrista che governa il Paese, tagliando fuori Sel. Se ne vedranno delle belle da oggi ai prossimi mesi.

Pisapia dunque si auto-rottama («altri, attaccati alle poltrone del parlamento da venti o venticinque anni dovrebbero prendere l'esempio» dice) e garantisce di non avere aspirazioni politiche nazionali («non mi interessano e non ci penso adesso»). Da giugno 2016 intende prendersi innanzitutto «un periodo di riposo», forse quel viaggio in moto in India con la moglie di cui parla da mesi. Ma non gli piace che si parli di fuga, nè di «un tradimento alla città, ma solo di un atto coerente - insiste -: sarò impegnato notte e giorno per Expo e per l'anno e mezzo che rimane, sarò il sindaco di tutti i milanesi fino all'ultimo giorno con la stessa dedizione, e anche dopo farà politica e mi metterò al servizio della città, come ha fatto ad esempio l'ex sindaco Carlo Tognoli, anche senza ruoli istituzionali».

La scena di ieri è quasi paradossale. Sembra la classica conferenza di fine mandato: Pisapia cita i momenti più cruciali del suo mandato («il passaggio delle case popolari a Mm, la salvaguardia del posto a 2.

300 lavoratori di Sea handling») e il rammarico di «non avere la bacchetta magica» dunque tocca fare ancora i conti «con tanti poveri e senzatetto». The end. Peccato che alla sinistra manca ancora un anno di governo, e il finale in un clima da tutti contro tutti rischia di essere tutt'altro che lieto.

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