Pisapia perde la causa sulle mense

«Licenziò il cda della Milano Ristorazione senza giusta causa»

Maria Sorbi Appena arrivato, nel 2011, il sindaco Giuliano Pisapia azzerò i vertici della società Milano Ristorazione, che gestisce le mense scolastiche, per piazzare gli amici e rifare la squadra dei manager «targati» Moratti. «Legittimo» disse allora il Tar, perché ogni nuova amministrazione «ha diritto a scegliere persone sulla base del rapporto fiduciario, che quindi operino come effettivi rappresentanti dell'amministrazione stessa». In realtà oggi quella vicenda costerà a Pisapia 300mila euro per risarcire l'allora presidente Roberto Predolin (a cui dovrebbe andare un risarcimento di 147mila euro) e il consiglio di amministrazione mandato a casa (Liliana Bognini, Michele Carruba, Simone Crolla e Alberto Regazzini). Uno scherzetto che coglie di sorpresa l'amministrazione a pochi mesi dalla fine del mandato. A decretare le responsabilità è la sentenza della Corte d'Appello che che prende posizione sugli aspetti civilistici della revoca. Quando il tribunale amministrativo diede ragione alla linea Pisapia, l'ex presidente della società Predolin decise di proseguire la sua battaglia contro il licenziamento ingiusto. O, per lo meno, motivato esclusivamente da appartenenze politiche. «Non aveva senso mandarmi via - spiega - tanto più che il bilancio di Milano Ristorazione era in attivo per un milione di euro». Predolin fece causa e vinse. Poi arrivò il ricorso del Comune. Infine l'ultima sentenza, che ha dato torto a Pisapia e lo costringe a pagare i danni. Predolin ha anche chiesto una sorta di danno morale e non ha mai mandato giù il trattamento ricevuto: quando chiese di essere ricevuto dal nuovo sindaco, venne rimbalzato più volte senza tanti complimenti. «Mi arrivò a casa una lettera di un paio di righe e tanti saluti». Liquidato. Il caso solleva una questione delicata, che potrebbe rappresentare un precedente di peso nella gestione delle poltrone e nella scelta dei manager a cui affidare la gestione delle ex municipalizzate. Il problema licenziamenti potrebbe tornare a galla al cambio di ogni amministrazione, al cambio di ogni bandiera politica. «La sentenza della corte d'appello - spiega l'avvocato difensore di Roberto Predolin, Cesare Pozzoli - è motivata da 42 pagine molto corpose e dettagliate in cui si spiega che la decisione di revoca del cda non è stata sorretta da giusta causa. Tale infatti non viene considerato il cambio di orientamento politico. Gli amministratori infatti devono agire per l'interesse delle collettività e non seguendo interessi e orientamenti di bandiera, soprattutto quando ci sono in ballo gli amministratori di società che operano sul mercato».

I diritti degli amministratori di Milano Ristorazione sono equiparati a quelli di un manager di una società privata. La sentenza di fatto sradica la logica delle appartenenze politiche e delle nomine «amiche» ai vertici delle società.

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